Le terapie avanzate, ma più in generale l’innovazione biomedica, portano da sempre con sé grandi quesiti teoretici. A volte mettono letteralmente in crisi i principali modelli interpretativi della bioetica, quasi sempre portano con sé un’ampia gamma di dubbi e domande estremamente pratiche, tra le quali svettano l’informazione e l’allocazione delle risorse. Se da un lato la possibilità dell’editing genomico sugli embrioni umani è probabilmente l’esempio per eccellenza del quesito bioetico del nuovo millennio, dall’altro è impossibile non interrogarsi oggi su temi quali sperimentazione clinica, consenso informato e informazione (sia essa intesa come tempo di cura che come informazione pubblica).
La febbrile ricerca di una nuova terapia, di una nuova speranza per non arrendersi alle malattie, è da sempre connaturata all’uomo. Oggi abbiamo a disposizione sofisticate biotecnologie sviluppate con l’intento di salvare vite umane, che necessitano anni e anni di sperimentazioni cliniche (e prima ancora precliniche) e di ingenti risorse economiche per la loro applicazione pratica. Alle volte sono propriamente in grado di guarire (ne è un esempio la terapia genica per l’immunodeficienza ADA-SCID), in altri casi rappresentano le più alte forme di terapia personalizzata (come le CAR-T). Nella quasi totalità dei casi hanno dei costi elevati, soprattutto se paragonate alla terapie “tradizionali” e richiedono una rielaborazione delle strategie politiche, sociali ed economiche.
Chi può e deve quindi occuparsi di decidere come destinare le risorse, per natura limitate? Chi ha diritto di curare ed essere curato? Siamo certi che si tratti davvero di un problema di costi assoluti? Osservatorio Terapie Avanzate vuole offrire uno spazio di dibattito pubblico dedicato a questi ed altri temi bioetici intrinsecamente pluridisciplinari, accogliendo riflessioni e proposte, senza alcuna pretesa di esaustività. Sempre nell’ottica di farsi strumento al servizio di pazienti, ricercatori, istituzioni, giornalisti e stakeholder, favorendo un dibattito indipendente ed intellettualmente onesto.
La premessa è doverosa: i giudizi etici sono influenzati da cultura di appartenenza, religione, esperienze di vita, valori personali e altro ancora. Non può esistere, dunque, un solo modo di tracciare il confine tra giusto e sbagliato, né di soppesare i pro e i contro di una tecnica versatile come l’editing genomico. Di conseguenza il nuovo contributo pubblicato online nella sezione CRISPRpedia, curato dalla bioeticista di Berkeley Jodi Halpern insieme alla divulgatrice Hope Henderson, non vuole essere un decalogo di imperativi morali. Rappresenta piuttosto una rassegna ragionata dei punti critici più dibattuti e costituisce una bussola utile per insegnanti e studenti, medici e pazienti, e in generale per tutte le persone curiose.
Nel nostro Paese la donazione del proprio corpo alla scienza è possibile e normata dalla Legge, ma i numeri parlano chiaro: pochissime persone optano per questa scelta. Le motivazioni sono molteplici e vanno dalle più personali, come ad esempio la religione, alla poca conoscenza sul tema che porta a non considerare la pratica. Infatti, basta pensare a quanto siano più conosciute la donazione di sangue e di organi per rendersi conto della totale mancanza di campagne informative su questo tema. Di recente, la morte di Sammy Basso - giovane ricercatore affetto da progeria (o sindrome di Hutchinson-Gliford), che lavorava su CRISPR e che ha lasciato il suo corpo alla scienza affinché si possa studiare la sua rarissima malattia - ha puntato i riflettori su questa pratica poco diffusa in Italia.
Gli specialisti di tutto il mondo attendono aggiornamenti dalla Cina sul primo uomo che ha ricevuto un fegato di maiale geneticamente editato. Ma l’ultimo rene suino trapiantato negli Stati Uniti (di cui OTA ha parlato qui) ha già smesso di funzionare ed è stato rimosso, riportando la paziente in dialisi, come scritto su AP News. E prima di lei altri tre malati americani erano sopravvissuti solo poche settimane all’intervento che aveva riguardato cuore o reni. Tuttavia sarebbe sbagliato concludere che il filone degli xenotrapianti stia deludendo le aspettative: i singoli interventi autorizzati in regime compassionevole hanno impartito a medici e ricercatori lezioni utili in vista delle prime sperimentazioni cliniche che la Food and Drug Administration (FDA) statunitense potrebbe autorizzare nei prossimi anni.
Il 21 marzo è stata divulgata la notizia del primo trapianto al mondo di un rene di maiale geneticamente modificato in un uomo di 62 anni affetto da malattia renale allo stadio terminale (ESKD). A questo punto della patologia i reni non sono più in grado di sostenere le esigenze dell’organismo, che cede. I chirurghi del Mass General Transplant Center del Massachusetts General Hospital (MGH) hanno condotto l'intervento, durato circa quattro ore, sabato 16 marzo. L’intervento segna un ulteriore traguardo nella storia degli xenotrapianti – cioè il trapianto di organi animali in riceventi umani, argomento che Osservatorio Terapie Avanzate segue costantemente - che fino ad ora erano rimasti limitati ad animali o esseri umani in stato vegetativo.
a cura di Anna Meldolesi
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