In occasione della Giornata Mondiale per le Malattie Rare, che quest’anno cade il 28 febbraio, OTA vuole raccontare la storia delle terapie avanzate che nascono proprio per queste malattie
Negli ultimi decenni, il progresso della medicina ha aperto nuove prospettive grazie alle terapie avanzate, come la terapia genica, cellulare e l'editing genomico. Al centro di questa rivoluzione si trovano le malattie rare, che hanno rappresentato un vero e proprio banco di prova per sperimentare e affinare queste tecnologie, oggi sempre più promettenti anche per il trattamento di patologie più comuni. Infatti, le conoscenze acquisite, le tecnologie affinate e le piattaforme sviluppate per le malattie rare stanno accelerando l'innovazione in ambiti che riguardano milioni di persone: una rivoluzione partita da pochi ma che si spera arrivi a molti. Osservatorio Terapie Avanzate prova a raccontare la storia - incompleta - delle terapie avanzate, per dare una panoramica del contributo che le malattie rare hanno dato al raggiungimento dei traguardi di questo campo.
UNA PARTENZA COMPLESSA
Tra le terapie avanzate, la terapia genica è quella che finora ha avuto più successo: l’idea alla base consiste nel correggere l’errore genetico che causa la malattia, fornendo una copia corretta del gene oppure fornendone un altro in grado di compensare il malfunzionamento nell’organismo. E, all’inizio, le malattie ereditarie monogeniche – cioè causate dalla mutazione di un solo gene – erano quelle di interesse. Partendo dalle fondamentali scoperte sul DNA ricombinante negli anni ’70 e dagli studi seguenti, nel 1990 si è arrivati alla prima somministrazione di una terapia genica per il trattamento di una immunodeficienza rara collegata al gene ADA (ADA-SCID, immunodeficienza combinata grave da deficit di adenosina deaminasi) in una bambina di 5 anni, Ashanti DeSilva, con l’obiettivo di avere un sistema immunitario funzionante. Dopo il successo del trattamento, la ricerca in questo ambito inizia a decollare: aumentano le pubblicazioni, aumentano i fondi destinati allo studio di queste terapie, aumentano le conoscenze.
Le prospettive sembravano ottime, ma a volte non tutto va come dovrebbe. Soltanto 9 anni dopo, nel 1999, un ragazzo statunitense di nome Jesse Gelsinger muore durante una sperimentazione clinica (ne abbiamo parlato qui). Lo studio riguardava una terapia genica per trattare il deficit di ornitina transcarbamilasi, un difetto genetico che causa l’incapacità di metabolizzare l’ammoniaca, con effetti gravi su fegato e altri organi interni. Questo causò un rallentamento nei progressi in questo settore, che ripartì a pieno regime solo una decina di anni dopo.
Nel 2016, 26 anni dopo il caso di Ashanti, è stata approvata in Europa e in Italia la prima terapia genica ex vivo (basata sul prelievo delle cellule del paziente, poi modificate e reinfuse) al mondo: Strimvelis. E indovinate? Si tratta proprio di un trattamento per l’ADA-SCID, la patologia di cui era affetta la prima piccola paziente a cui era stata somministrata la terapia genica. Ed è anche un successo "made in Italy", frutto del lavoro dei ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano.
L’ITALIA IN POLE POSITION
Un altro successo italiano, sempre frutto delle ricerche condotte all’SR-Tiget, è Libmeldy, terapia genica ex vivo per il trattamento di una rara malattia metabolica, la leucodistrofia metacromatica. Si tratta di una patologia neurodegenerativa ereditaria causata da mutazioni nel gene ARSA che generano un progressivo accumulo di solfatidi tossici nel sistema nervoso, portando a una perdita irreversibile delle funzioni motorie e cognitive. Libmeldy, approvata dall’EMA nel dicembre 2020 e in Italia dal 2022, prevede il prelievo di cellule staminali ematopoietiche dal paziente, seguite dall’ingegnerizzazione ex vivo con un vettore lentivirale che introduce una copia corretta del gene ARSA. Queste cellule modificate vengono poi reinfuse nel paziente, permettendo al sistema nervoso di riprendere la produzione dell’enzima arilsulfatasi A, essenziale per il metabolismo dei solfatidi. I risultati emersi dagli studi clinici dimostrano che la terapia rallenta significativamente la progressione della malattia, preservando lo sviluppo cognitivo e motorio. Questo successo non solo ha offerto una nuova speranza per le famiglie colpite da questa devastante patologia, ma ha anche confermato il ruolo dell’Italia come protagonista nella ricerca e nello sviluppo di terapie geniche avanzate.
UNA LUCE IN FONDO AL TUNNEL
E se Strimvelis ha il primato di essere la prima terapia genica ex vivo approvata al mondo, la prima approvazione di una terapia genica in vivo (basata sull’utilizzo di vettori che trasportano il gene funzionante direttamente nell’organismo) risale al 2012: alipogene tiparvovec (Glybera, di cui abbiamo parlato qui) è un trattamento per il deficit di lipasi lipoproteica che però è rimasto sul mercato per soli 5 anni.
L’autorizzazione all’immissione sul mercato più datata di una terapia genica in vivo è invece quella di voretigene neparvovec (Luxturna), per il trattamento di una forma di distrofia retinica ereditaria causata da una mutazione a danno di entrambe le copie del gene RPE65. Questa terapia prevede una singola somministrazione sottoretinica di un vettore virale adeno-associato (AAV2) contenente una copia funzionante del gene RPE65. In questo modo, si ripristina la capacità delle cellule retiniche di produrre la proteina necessaria. I risultati clinici sono stati sorprendenti: pazienti che avevano vissuto per anni nell’ombra hanno potuto riconoscere oggetti e muoversi autonomamente in condizioni di scarsa luminosità. E anche in questo caso l’Italia può vantarsi di essere un’eccellenza, poiché la Clinica Oculistica dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli ha un primato europeo per numero di pazienti pediatrici trattati con questa innovativa terapia.
LA GENETICA BATTE I MUSCOLI
Un’altra malattia rara che è stata, ed è tuttora, protagonista della storia delle terapie avanzate è l’atrofia muscolare spinale (SMA), il cui destino è stato riscritto dall’approvazione di tre diverse terapie innovative: due oligonucleotidi antisenso (ASO), cioè terapie su RNA - che però non rientrano nella categoria di terapie avanzate - e una terapia genica.
I primi trattamenti innovativi approvati sono stati gli ASO nusinersen (Spinraza) e risdiplam (Evrysdi). Nusinersen, disponibile dal 2017 in Italia, è somministrato tramite iniezione intratecale, poiché non attraversa la barriera ematoencefalica. Il farmaco agisce modulando lo splicing dell’SMN2, il gene di backup del gene SMN1 mutato nella SMA, aumentando così la produzione di una proteina SMN funzionalmente attiva, essenziale per la sopravvivenza dei motoneuroni. Risdiplam, invece, è stato approvato in Italia nel 2022 e rappresenta il primo trattamento orale per la SMA, agendo anch’esso sullo splicing dell’SMN2 ma con una somministrazione più semplice, che facilita la gestione della malattia a domicilio.
Parallelamente, la terapia genica ha introdotto una nuova dimensione nella gestione della SMA con onasemnogene abeparvovec (Zolgensma), approvata dall’EMA nel maggio 2020 e successivamente dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Questa terapia prevede una singola somministrazione endovenosa di un vettore virale adeno-associato (AAV9) contenente una copia funzionante del gene SMN1, mirando alla causa genetica della malattia con un approccio potenzialmente definitivo. L’impatto di queste terapie è stato rivoluzionario: migliorare la sopravvivenza, la funzione motoria e la qualità di vita dei pazienti - soprattutto se somministrate precocemente, specialmente in fase presintomatica grazie allo screening neonatale - è qualcosa che fino a pochi anni fa era inimmaginabile.
Oggi sono 9 le terapie geniche classiche in commercio in Europa, a cui si aggiungono 6 CAR-T e 1 trattamento basato sull’editing genomico, che per definizione rientrano entrambe nella categoria delle terapie geniche. È possibile scaricare la tabella di tutte le terapie avanzate approvate QUI.
CAR-T: I SUPER-LINFOCITI CONTRO I TUMORI RARI
La straordinaria storia di Emily Whitehead (ne abbiamo parlato di recente qui) ha segnato l’inizio di una nuova era nella lotta contro i tumori, dimostrando il potenziale rivoluzionario delle cellule CAR-T. Da allora, questa terapia ha compiuto enormi passi avanti, portando all’approvazione di diverse terapie CAR-T per tumori ematologici. Ad oggi, infatti, sono sei le terapie a base di cellule CAR-T autorizzate in Europa per il trattamento di alcune forme di leucemia, linfoma e mieloma multiplo.
Queste terapie condividono un principio comune: riconoscere e attaccare specifici antigeni espressi sulla superficie delle cellule tumorali, come CD19 per le leucemie e i linfomi e BCMA (B-cell maturation antigen) per il mieloma multiplo. La complessità di questa strategia terapeutica non si esaurisce nella fase di produzione, che richiede processi sofisticati, ma prosegue anche nella gestione clinica, in quanto le CAR-T possono scatenare effetti collaterali potenzialmente gravi, come la sindrome da rilascio di citochine (CRS) e le neurotossicità. Nonostante queste sfide, le CAR-T hanno dimostrato di offrire risposte durature anche a pazienti che avevano esaurito le opzioni terapeutiche convenzionali (ne abbiamo parlato qui e qui), cambiando radicalmente la prognosi di diversi tumori. Oggi, la ricerca sulle CAR-T è in piena evoluzione e si sta muovendo verso l’estensione di questa tecnologia a tumori solidi e alle malattie autoimmuni, ampliando ulteriormente le potenzialità di una terapia che ha trasformato il sistema immunitario in un potente alleato nella lotta al cancro.
CRISPR: PALUDI, NOBEL E MALATTIE RARE DEL SANGUE
La storia di CRISPR è un viaggio straordinario che parte dalle saline di Santa Pola, in Spagna, negli anni '90, quando il microbiologo Francisco Mojica osservò per la prima volta delle sequenze di DNA ripetute a intervalli regolari in alcuni batteri. Queste sequenze, poi denominate Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats (CRISPR), si rivelarono essere parte di un sistema di difesa batterico contro i virus. La scoperta inizialmente passò inosservata, ma pose le basi per quella che sarebbe diventata una delle più potenti tecnologie di editing genomico mai sviluppate. Nel 2012, le ricercatrici Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna pubblicarono uno studio rivoluzionario che descriveva come la proteina Cas9, guidata da una sequenza di RNA, potesse essere programmata per tagliare il DNA in punti specifici. Questa scoperta trasformò Crispr-Cas9 in uno strumento di precisione per modificare il genoma, aprendo nuovi scenari per la biologia e la medicina. Il loro lavoro gli valse il Premio Nobel per la Chimica nel 2020, riconoscendo il potenziale di una tecnologia in grado di riscrivere le basi della vita.
CRISPR ha inizialmente dimostrato il suo potenziale terapeutico con la storia di Victoria Gray, una donna statunitense affetta da anemia falciforme che, grazie a un trattamento sperimentale basato su CRISPR, ha ottenuto un miglioramento significativo della sua qualità di vita. Nel 2023, questa rivoluzionaria tecnologia ha raggiunto un traguardo storico con l'approvazione di Casgevy: il primo trattamento commerciale basato su CRISPR, destinato a curare la beta-talassemia trasfusioni dipendente e l’anemia falciforme severa. Dalle paludi spagnole ai laboratori di frontiera della medicina moderna, CRISPR ha riscritto non solo il DNA, ma anche le possibilità della scienza nel migliorare e, in alcuni casi, salvare vite umane.
UNA TERAPIA CELLULARE PER UNA NEOPLASIA EMATOLOGICA RARA
La storia di Ebvallo rappresenta un altro traguardo fondamentale nella medicina personalizzata, questa volta nel contesto delle terapie cellulari mirate contro i tumori rari. Ebvallo (tabelecleucel) è stata approvata dall’EMA a dicembre 2022 – e in Italia un paio di mesi fa - per il trattamento del linfoma associato al virus di Epstein-Barr (EBV-PTLD), una neoplasia rara e aggressiva che si sviluppa in pazienti immunocompromessi che hanno subito un trapiantato d’organo o di cellule staminali ematopoietiche. Il virus di Epstein-Barr, noto per essere la causa della mononucleosi infettiva, può rimanere latente nel corpo e, in condizioni di immunosoppressione, favorire la proliferazione incontrollata di linfociti B infettati, portando allo sviluppo di questa forma tumorale. Prima dell’arrivo di tabelecleucel, le opzioni terapeutiche per il linfoma EBV-PTLD recidivante o refrattario erano estremamente limitate, con prognosi sfavorevoli per i pazienti che non rispondevano alle terapie di prima linea.
Si tratta di una terapia cellulare allogenica e si basa su cellule T specifiche per EBV, ottenute da donatori sani e selezionate per riconoscere ed eliminare i linfociti infettati dal virus. Queste cellule T, una volta infuse nel paziente, agiscono come una sorta di "sistema immunitario su misura", andando a colpire selettivamente le cellule tumorali senza danneggiare i tessuti sani. L’approvazione di questa terapia ha segnato un passo avanti significativo, innanzitutto per i pazienti affetti da questa neoplasia rara e, in secondo luogo, aprendo la strada alle terapie cellulari allogeniche. Queste sono infatti nel mirino di ricercatori e clinici poiché offrono il vantaggio di essere terapie “pronte all’uso” e non personalizzate. Tabelecleucel non è quindi solo una nuova arma terapeutica, ma anche una testimonianza di come la ricerca nel campo delle terapie avanzate stia espandendo i suoi confini.
OLTRE ALLE APPROVAZIONI C’È DI PIÙ
Le malattie rare continuano a rappresentare una sfida medica e scientifica di grande rilevanza, ma anche un fertile terreno di innovazione per le terapie avanzate. Negli ultimi anni, infatti, l’impegno della ricerca biotecnologica si è intensificato, con nuove strategie terapeutiche che mirano a colmare il vuoto lasciato dalle opzioni farmacologiche tradizionali. Terapie geniche, cellulari e a RNA dimostrano come la medicina personalizzata sia in grado di intervenire direttamente sulle cause genetiche o biologiche della malattia, offrendo trattamenti potenzialmente risolutivi. La crescente conoscenza delle basi molecolari di queste patologie e il perfezionamento delle tecnologie di editing genomico, come CRISPR, stanno aprendo la strada a nuove sperimentazioni cliniche per condizioni genetiche fino a pochi anni fa considerate incurabili.
Oggi sono in fase di studio diverse decine di terapie avanzate - con circa duemila studi clinici nel mondo - molte delle quali destinate proprio a malattie che colpiscono un numero ristretto di pazienti ma hanno un impatto devastante sulla loro qualità di vita. Un esempio è la mucopolisaccaridosi (MPS), per cui si stanno studiando sia terapie geniche per le diverse forme (ne abbiamo parlato qui) che la terapia cellulare per la MPS di tipo 1. Altre terapie geniche di cui abbiamo parlato di recente sono quelle per la neuropatia ottica di Leber, per l’adrenoleucodistrofia cerebrale e per la sindrome di Usher. L'interesse non si limita solo alle patologie di origine genetica, ma si estende a malattie metaboliche, neurologiche e oncoematologiche, sfruttando approcci sempre più mirati e sicuri. L'impegno di enti regolatori, istituzioni e aziende farmaceutiche continua a essere cruciale per favorire l’accesso a queste terapie e garantire che le innovazioni scientifiche si traducano in benefici concreti per i pazienti.
Le malattie rare, spesso trascurate in passato, si sono rivelate un terreno fertile per l'innovazione medica. Oggi, il loro contributo va oltre i confini di patologie specifiche, aprendo nuove strade per il trattamento di malattie che colpiscono milioni di persone in tutto il mondo.
Per scoprire tutta la storia delle terapie avanzate ascolta “Reshape - Un viaggio nella medicina del futuro”, il podcast in 8 puntate di Osservatorio Terapie Avanzate sulle terapie avanzate e le innovazioni in medicina.