Fegato

Ventidue anni fa, uno dei primi tentativi di terapia genica finì in tragedia, ma una nuova sperimentazione sul deficit di ornitina transcarbamilasi fa ora ben sperare

Il 18 giugno di 40 anni fa, negli Stati Uniti, nasceva Jesse Gelsinger. A due anni gli venne diagnosticato il deficit di ornitina transcarbamilasi, un difetto genetico che colpisce principalmente il fegato e causa l'incapacità di metabolizzare l'ammoniaca - un sottoprodotto della degradazione delle proteine. La malattia è solitamente fatale alla nascita, ma Gelsinger aveva una forma più lieve della malattia: infatti, è riuscito a sopravvivere grazie a una dieta ristretta e alla terapia farmacologica. Purtroppo, il suo nome è noto per essere il primo caso di decesso in una sperimentazione clinica con la terapia genica. Decenni dopo quel tragico fallimento, un nuovo trial clinico sulla terapia genica per quella rara malattia del fegato sta dando dei buoni risultati, seppur preliminari.

IL DEFICIT DI ORNITINA TRANSCARBAMILASI

Le persone nate con il deficit di ornitina transcarbamilasi (OTCD) hanno una carenza dell’enzima ornitina transcarbamilasi (OTC), necessario a trasformare l’azoto in eccesso derivante dalla degradazione delle proteine. Questo porta all’accumulo di ammoniaca, che può causare coma, danni cerebrali e morte. L’OTCD è il difetto più comune del ciclo dell'urea ed è causato da mutazioni del gene OTC. La prevalenza è stata stimata in 1/56.500 - 1/77.000 tra i nati vivi. Le mutazioni che compromettono completamente l'attività di OTC causano la forma grave ad esordio neonatale e i bambini di solito entrano in coma subito dopo la nascita e subiscono danni cerebrali, mentre le mutazioni che comportano solo una riduzione dell'attività di OTC causano quadri clinici più lievi e ad esordio più tardivo.

Poiché il gene OTC si trova sul cromosoma X, la malattia è trasmessa principalmente ai maschi ed è spesso fatale nei primi mesi di vita. Le femmine, che hanno due cromosomi X e quindi con una seconda copia funzionante del gene, sono generalmente portatrici asintomatiche ma possono anche essere affette in modo lieve. Lo stesso vale per i ragazzi con mutazioni che portano alla produzione di un enzima OTC parzialmente funzionante, come nel caso di Gelsinger. In questi casi, se monitorati accuratamente e se la diagnosi avviene in tempi brevi, è sufficiente ridurre il sovraccarico di ammoniaca con una dieta rigorosa a basso contenuto proteico e assumendo farmaci.

JESSE GELSINGER

Come descritto dalle parole del padre, all’età di 16 anni Jesse Gelsinger prendeva 50 pillole al giorno per tenere sotto controllo il suo problema di salute. Nel 1998, la famiglia di Jesse scopre dell’esistenza di uno studio clinico progettato per valutare la sicurezza di una terapia genica sperimentale per la OTCD - erano gli anni pionieristici sulla terapia genica – aperto però solo ai maggiorenni. Dopo diversi mesi di complicanze mediche e di discussioni sulla possibilità di partecipare a questa sperimentazione, a giugno 1999 la famiglia si reca a Philadelphia per gli accertamenti e la valutazione del coinvolgimento volontario di Jesse. Lo studio clinico dell'Università della Pennsylvania era condotto su partecipanti adulti con la forma più lieve della malattia ma mirava a sviluppare un trattamento per i bambini nati con la forma più grave.

Il 13 settembre 1999, Gelsinger fu la diciottesima persona ad essere sottoposta alla terapia genica basata su un vettore adenovirale che veicolava il gene OTC “sano” al fegato. I pazienti precedentemente coinvolti avevano sperimentato sintomi simili all'influenza, ma lui ebbe una grave reazione avversa. Nel giro di un giorno divenne disorientato e mostrò segni di ittero: un'intensa risposta infiammatoria e un pericoloso disturbo della coagulazione del sangue hanno poi portato ad una insufficienza renale, epatica e polmonare. Quattro giorni dopo aver ricevuto l'iniezione morì, all'età di 18 anni, apparentemente per aver subito una massiccia risposta immunitaria innescata dall'uso del vettore virale per trasportare il gene nelle sue cellule.

ETICA DELLA RICERCA

Ci sono una serie di questioni etiche che sono emerse da questo episodio. Un'indagine della Food and Drug Administration (FDA), l’ente regolatorio statunitense, ha concluso che gli scienziati coinvolti nella sperimentazione clinica hanno violato diverse regole di condotta, tra cui la scelta di includere Gelsinger, in sostituzione di un altro volontario, nonostante i suoi alti livello di ammoniaca, parametro che ne avrebbe previsto l’esclusione.

Inoltre, c’è una questione etica che riguarda la scelta di individui adulti come partecipanti al trial. Se la forma grave di OTCD colpisce i neonati, perché condurre lo studio clinico sugli adulti che sono, invece, relativamente in buona salute - pur con tutto il bagaglio di farmaci e dietoterapia? Tra le possibili risposte potrebbe essere che gli adulti siano stati scelti perché in grado di comprendere meglio i rischi e recepire un consenso informato, mentre con i bambini si ponevano altre ovvie problematiche etiche.

Un altro punto fondamentale è proprio quello del consenso informato: ognuno ha il diritto di determinare se vuole un trattamento medico o se vuole partecipare a uno studio clinico, ma la persona deve essere accuratamente informata per decidere in assoluta consapevolezza del rapporto rischi – benefici. A questo proposito, è stata evidenziata la mancata segnalazione di gravi effetti collaterali già registrati negli studi preclinici, condotti su primati, e negli studi clinici in alcuni pazienti.

Tra le altre cose, è anche stato identificato un conflitto di interessi che ha coinvolto il ricercatore responsabile della sperimentazione, il dottor James Wilson, che aveva un interesse finanziario nello sviluppo del vettore adenovirale utilizzato proprio nel trial. Dopo le indagini governative, Wilson cadde in disgrazia – professionalmente parlando – ma dedicò il suo tempo e il suo gruppo di ricerca a capire cosa fosse andato storto: trovò una possibile risposta nel potenziamento anticorpo-dipendente, che si verifica quando il paziente è stato già esposto in precedenza al virus utilizzato nella sperimentazione. La stima attuale è che la maggior parte della popolazione adulta (fino al 60%) sia esposta agli adenovirus - responsabili di banali infezioni respiratorie, polmoniti, gastroenteriti o cistiti - durante la vita. La ricerca fu spostata sui vettori virali adeno-associati (AAV), conosciuti per provocare una bassa risposta immunitaria.

Nel 1999, la notizia che un trattamento sperimentale ha causato il decesso di un partecipante ad un trial, ha causato un terremoto nel campo della terapia genica e nel più ampio ambito della ricerca biomedica. Per quasi un decennio la ricerca sul fronte della terapia genica ha subito una battuta d’arresto, ma con il tempo gli sforzi della comunità scientifica hanno portato a una ripresa, in costante crescita. Ad oggi, sono 12 le terapie avanzate approvate che stanno rivoluzionando la storia di gravi patologie e la vita dei pazienti, e di queste ben 9 sono terapie geniche.

UN NUOVO STUDIO CLINICO PER OTCD

Lo scorso aprile, Ultragenyx - azienda farmaceutica impegnata nello sviluppo di nuove terapie per malattie rare ed ultra-rare - ha annunciato il completamento, con buoni risultati, di uno studio clinico di Fase I/II (CAPtivate) con la terapia genica sperimentale DTX301 per il deficit di ornitina transcarbamilasi a esordio tardivo negli adulti e l’avvio del trial di Fase III entro la seconda metà del 2021. Una notizia che è stata riportata anche sulle pagine di Science.

DTX301 è una terapia genica in-vivo basata su di un vettore AAV, prevede una singola somministrazione per via endovenosa ed è progettata per permettere una costante espressione nel tempo del gene OTC. Lo studio di Fase I/II ha testato tre diversi dosaggi di AAV in 11 dei 12 pazienti previsti: non sono stati osservati gravi problemi di sicurezza, anche se alcuni pazienti hanno avuto un aumento degli enzimi epatici che, come in altre sperimentazioni con AAV, si è risolto con un trattamento steroideo. Pur non avendo portato miglioramenti a tutti i pazienti, la maggior parte sono stati in grado di allentare le restrizioni dietetiche e di ridurre o eliminare l’assunzione di farmaci. A distanza di un anno dal trattamento, due uomini e una donna che hanno partecipato al trial non hanno più bisogno di ricorrere a diete e farmaci. Dato importante che è stato presentato anche nel corso del meeting annuale dell’American Society of Gene & Cell Therapy (ASGCT) che si è svolto a maggio.

DALLA TERAPIA GENICA A CRISPR

Per i neonati colpiti dalla forma grave, questa terapia sarebbe solo una soluzione temporanea: i bambini crescono molto velocemente e le loro cellule si dividono, facendo aumentare il numero di cellule con il difetto genetico e perdendo gradualmente l’efficacia della terapia genica. Il gruppo di ricerca di James Wilson sta però studiando il sistema di editing genomico CRISPR con l’obiettivo di riparare il gene in maniera definitiva. Il team ha pubblicato alcuni importanti studi sul tema, uno nel 2016 su Nature Biotecnology e un altro nel 2020 su Science Advances. Per ora la ricerca è ancora in fase preclinica e condotta su un modello murino, la speranza dei ricercatori è che si possa presto fare il salto traslazionale e si possa passare alla valutazione di un’applicazione clinica.

La storia completa di Jesse Gelsinger è stata raccontata sul sito del Science History Institute.

Con il contributo incondizionato di

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