Alveoli polmonari

È la più sottile barriera alveolare polmonare realizzata in laboratorio con la biostampa 3D. Servirà a testare l’efficacia di farmaci e vaccini contro i virus respiratori

Le malattie respiratorie, non da ultima COVID-19, rendono sempre più necessario lo studio di modelli cellulari per testare i farmaci in vitro. Ma, per la sua peculiare struttura, il tessuto polmonare è uno dei più complessi da ricreare in laboratorio. Un gruppo di ricerca dell’università di Pohang, in Corea del Sud, ha realizzato con la biostampa 3D la più sottile barriera alveolare artificiale al mondo: spessa solo 10 micrometri. Essa riproduce, strato dopo strato, la struttura e le funzioni della sottilissima membrana che riveste gli alveoli polmonari e permette gli scambi gassosi tra l’aria e il sangue. Il modello ha anche risposto all’infezione con un virus respiratorio in maniera simile all’organo originale. Lo studio è stato pubblicato a marzo su Advanced Science.

LA BARRIERA ALVEOLARE

La barriera alveolare riveste gli alveoli, piccole camere d’aria di forma sferica organizzate a grappolo al termine dell’albero bronchiale. Ha uno spessore di pochi micrometri, ma occupa nel complesso un’area di 100-140 metri quadri. Gli alveoli sono la sede degli scambi gassosi: la loro funzione principale è arricchire il sangue di ossigeno e ripulirlo dall’anidride carbonica. Le infezioni respiratorie, come quella più recente da SARS-CoV-2 , possono causare la polmonite, un’infiammazione del tessuto polmonare che danneggia gli alveoli, riduce l’apporto di ossigeno al corpo e rende difficoltosa la respirazione.

LIMITI E PROGRESSI NEI MODELLI 3D

Per testare i farmaci in vitro, i ricercatori usano spesso modelli cellulari a due o a tre dimensioni. I secondi, in genere, superano in qualità i primi poiché sono più simili all’organo reale sia dal punto di vista fisiologico che rispetto alla risposta ad una patologia. Ma i polmoni, in particolare gli alveoli, sono organi complessi da riprodurre in laboratorio, perché hanno una struttura peculiare a tre strati. Lo strato più esterno è composto dalle cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni; lo strato centrale è una sottilissima membrana basale formata da fibroblasti e collagene; lo strato più interno contiene le cellule dell’epitelio polmonare. Le cellule epiteliali possono essere di due tipi: squamose o cuboidali. Le prime sono responsabili degli scambi gassosi tra l’alveolo e il sangue, le seconde secernono il surfattante polmonare, un tensioattivo che impedisce il collasso degli alveoli, e partecipano alla risposta immunitaria contro i patogeni.

Per anni gli scienziati hanno cercato di ricreare questa struttura in vitro usando membrane porose sintetiche e manipolando manualmente le cellule, con risultati modesti. Importanti progressi sono stati fatti in questi ultimi anni grazie alla tecnologia "organ-on-a-chip", che ha permesso di realizzare dei mini-polmoni artificiali su chip lunghi pochi micrometri, facendo passare le cellule in un sistema di microcanali separati da una membrana porosa sintetica. Negli ultimi anni, è emersa la strategia del "bioprinting" – la biostampa 3D che permette di stampare copie tridimensionali di organi e tessuti viventi, già usata per pelle, cornea, retina, fegato, vasi sanguigni e cartilagine dell’osso.

UNA SOFISTICATA TECNICA DI STAMPA IN 3D

I ricercatori della Pohang University of Science and Technolgoy (POSTECH), in Corea del Sud, hanno usato una tecnica di bioprinting particolarmente sofisticata. Si chiama "biostampa a getto di inchiostro con goccia su richiesta" (dall’inglese “inkjet bioprinting drop on demand”). Questa tecnica permette di realizzare un oggetto, in questo caso un tessuto vivente, depositando il materiale di partenza – un liquido o una sospensione di particelle – strato dopo strato. Ma a differenza di un sistema a rilascio continuo, quello "drop on demand" fa cadere ogni singola goccia di materiale solo ed esattamente nel punto desiderato. Si tratta, quindi, di un sistema di stampa preciso, veloce e ad altissima risoluzione.

La barriera alveolare artificiale della POSTECH, con uno spessore di soli 10 micrometri, è la più sottile realizzata fino ad ora. È composta da collagene e da quattro tipi di cellule alveolari umane: cellule epiteliali squamose, cellule epiteliali cuboidali, cellule endoteliali e fibroblasti. I ricercatori hanno testato la vitalità e le caratteristiche istologiche e funzionali di questa barriera alveolare a confronto con un modello 2D e con un altro modello 3D composto dalle stesse cellule nelle stesse proporzioni, ma senza una struttura precisa. Dal punto di vista istologico, la barriera stampata in 3D aveva la caratteristica struttura a tre strati, con la membrana basale al centro. Le sue giunzioni cellulari erano più strette e la permeabilità ridotta rispetto alla controparte non strutturata. Era anche caratterizzata da una maggiore espressione di geni e marcatori associati agli scambi ionici, al trasporto di proteine e alla produzione di surfattante polmonare. In conclusione, la barriera strutturata è, sia dal punto di vista istologico che funzionale, molto più simile all’organo reale rispetto a un modello 3D non strutturato in cui le cellule sono semplicemente mescolate insieme (e, ovviamente, anche rispetto al modello 2D).

UN MODELLO PER STUDIARE I VIRUS RESPIRATORI

I ricercatori hanno quindi testato la capacità di questa barriera alveolare artificiale di rispondere a un patogeno esterno. Hanno infettato la barriera con il virus dell’influenza A, che può causare la polmonite. Il virus ha proliferato all’interno della barriera artificiale, raggiungendo un picco dopo 24 ore; allo stesso tempo, le cellule alveolari hanno risposto all’infezione, producendo gli interferoni, molecole ad azione antivirale. Il modello, hanno scritto i ricercatori, non è solo un mix di cellule diverse, ma una "unità strutturale" che può difendersi da un attacco esterno.

La speranza è di realizzare modelli sempre più efficaci per studiare le infezioni virali e la risposta immunitaria. Sulle future applicazioni della barriera alveolare artificiale, il professor Sunjune Jung, coautore dello studio, commenta: “Il tessuto artificiale può essere utilizzato come una piattaforma iniziale per valutare l'efficacia di farmaci terapeutici e vaccini contro i virus respiratori, compreso il virus COVID-19”.

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