Stampa 3D

Il modello, stampato in 3D, contiene sia le cellule del tumore prelevate dai pazienti sia quelle dello stroma circostante. È il primo con una rete di vasi sanguigni perfusibili

La maggior parte dei farmaci sviluppati e testati in fase preclinica in laboratorio non supera lo scoglio degli studi clinici per mancanza di efficacia. Viceversa, molecole potenzialmente efficaci non raggiungono mai l’applicazione clinica, perché non funzionano in laboratorio. Per colmare quello che in tanti definiscono un "gap traslazionale", i ricercatori dell’università di Tel Aviv hanno realizzato un nuovo modello 3D di glioblastoma – il più letale tra i tumori al cervello. Questa versione supera in qualità le precedenti poiché contiene sia le cellule del tumore che quelle del tessuto circostante, e una rete vascolare in grado di veicolare sostanze e farmaci all’interno. La ricerca, pubblicata recentemente su Science Advances, apre la strada a una nuova generazione di modelli 3D per i test in vitro di farmaci e terapie personalizzate.

IL GAP TRASLAZIONALE

Nei laboratori, le colture cellulari in 2D sono usate per testare un nuovo farmaco quando è ancora nelle fasi iniziali. In questi modelli, le cellule crescono su uno o più strati adese alla superficie di plastica di una piastra Petri. Ma il meccanismo d’azione di un farmaco può dipendere da fattori o vie di segnalazione che si “accendono” soltanto in un organismo intero. In questi casi, i test sulle colture cellulari producono risultati poco affidabili. Solo il 5,3% dei farmaci antitumorali supera la Fase I dei trial clinici e meno di 1 su 10.000 viene autorizzato per l’immissione in commercio e arriva ai pazienti. 

IL GLIOBLASTOMA 

All’Università di Tel Aviv, un gruppo di ricercatori aveva scoperto una di queste discrepanze tra le colture cellulari di glioblastoma usate per testare i farmaci in vitro e il tumore in vivo. Il glioblastoma è il tumore maligno più comune tra le neoplasie cerebrali e colpisce gli astrociti, le cellule che forniscono supporto e nutrimento ai neuroni. La sua incidenza è di 3,2 casi ogni 100.000 persone e insorge prevalentemente nella fascia d’età compresa tra i 45 e i 70 anni. Nella maggior parte ha un esito fatale: meno del 10% dei pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Non esiste infatti una cura, ma solo terapie per ritardare la progressione della malattia, come la resezione chirurgica della massa tumorale seguita da chemioterapia e radioterapia.   

Di recente, si è scoperto che il glioblastoma è così letale e resistente ai farmaci perché le sue cellule interagiscono in vari modi con il microambiente tumorale. I ricercatori, in particolare, avevano identificato nei modelli animali e nei pazienti una proteina, la P-selectina, che "corrompe" le cellule immunitarie del sistema nervoso (microglia). Quando viene prodotta, le cellule della microglia smettono di combattere il tumore e si schierano al suo fianco, aiutandolo a proliferare. La P-selectina, però, è assente nelle colture cellulari 2D. Un farmaco inibitore di questa proteina, quindi, potrebbe non superare mai i test sulle colture cellulari e rimanere bloccato per sempre nella fase preclinica. 

MODELLI 3D E MICROAMBIENTE TUMORALE

Ma per fortuna esiste un modello intermedio tra le colture 2D e gli organismi complessi. Sono gli organoidi, modelli 3D ottenuti dalle cellule dei pazienti che riproducono, su piccola scala, la morfologia tridimensionale dell’organo originale o del tumore (in questo caso si chiamano tumoroidi). I tumoroidi più semplici sono composti dalle sole cellule del tumore, ma non da quelle che formano il microambiente tumorale o dai vasi sanguigni che lo attraversano. Eppure l’angiogenesi, ossia il processo di formazione di nuovi vasi per il trasporto di ossigeno e nutrienti nella massa tumorale, è una delle caratteristiche principali del cancro, e il microambiente ha un ruolo nella progressione della malattia e nella resistenza ai farmaci. 

Il nuovo modello proposto dai ricercatori di Tel Aviv supera i precedenti perché contiene anche questo elemento. È formato da 5 tipi cellulari: glioblastoma, astrociti, microglia, periciti e cellule endoteliali (questi ultimi due sono tipi cellulari che compongono le pareti dei vasi sanguigni). Il tumoroide possiede, inoltre, una sua rete di vasi sanguigni perfusibili, ovvero in grado di trasportare liquidi, sostanze e farmaci direttamente nel tumore. 

BIOSTAMPANTE E BIOINCHIOSTRI

I ricercatori hanno usato la biostampa 3D, una tecnica che consente di assemblare uno sull’altro strati di cellule per riprodurre la morfologia di un organo o tessuto. La biostampa utilizza uno speciale “bioinchiostro”, che è stato preparato incorporando le cellule in un’impalcatura composta da un gel di fibrinogeno, collagene e gelatina – simile alla matrice extracellulare che circonda i tessuti. 

Anche la rete di vasi sanguigni è stata stampata in 3D, utilizzando però un secondo tipo di bioinchiostro: il pluronico (una miscela di ossido di polietilene e ossido di polipropilene). La caratteristica di questo materiale è che il suo processo di gelificazione è reversibile e dipende dal calore. Il pluronico allo stato di gel forma prima dei vasi sanguigni "pieni", poi, variando la temperatura, ritorna liquido e genera una cavità, o lumen intravascolare, ricoperta da cellule endoteliali e periciti. L’intero modello è stato quindi posizionato su un microchip e collegato a una pompa peristaltica per veicolare farmaci, nutrienti e cellule del sangue attraverso la rete vascolare. 

L’AFFIDABILITÀ DEL MODELLO

I ricercatori hanno quindi misurato il profilo di espressione genica, il tasso di crescita e la risposta ai farmaci. Al contrario delle colture 2D, il nuovo modello 3D di glioblastoma aveva una “firma genica” simile a quella del tumore in vivo. I diversi organoidi creati in laboratorio avevano, inoltre, tassi di crescita variabili: alcuni erano più aggressivi, altri rimanevano dormienti anche per lunghi periodi. Anche questa è una caratteristica del glioblastoma in vivo, che può avere una progressione più o meno rapida. In una piastra Petri, invece, tutte le cellule crescono allo stesso modo.

I ricercatori hanno anche usato questo modello per testare un nuovo farmaco contro il glioblastoma: un inibitore della P-selectina, che il gruppo aveva sperimentato sui topi da laboratorio con buoni risultati. L’inibitore non ha alcun effetto sulle colture cellulari 2D, che non esprimono la P-selectina, ma riduce la proliferazione delle cellule di glioblastoma nel modello 3D, che mima quindi la risposta osservata nel modello animale. I ricercatori puntano ora a farne uno strumento per sperimentare terapie personalizzate e di precisione, stampando centinaia di tumoroidi a partire dalle cellule tumorali prelevate dai pazienti e usandoli per testare nuovi farmaci in via di sviluppo. Questo permetterebbe di superare quel gap traslazionale che blocca alcune promettenti terapie ai nastri di partenza. 

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