La chiamano “cellula Pac-Man” per la sua capacità di imitare il trasporto attivo, caratteristica propria solo delle cellule viventi. Le applicazioni variano dalla lotta all’inquinamento alla medicina
Nel 2010 la rivista Science pubblicò un lavoro di Craig Venter - noto per la sua competizione nell’ambito del sequenziamento del genoma umano - che annunciava la creazione della prima cellula sintetica. Quattro anni dopo su Nature uscì un articolo, firmato dagli scienziati Romesberg e Malyshev, che descriveva la creazione di un DNA modificato a cui era stata aggiunta una nuova coppia di basi azotate oltre alle quattro classiche che contribuiscono alla formazione dei legami della doppia elica. Ora, la creazione di una cellula sintetica in grado di replicare il trasporto attivo è una straordinaria innovazione figlia di questo filone. Ma con applicazioni pratiche potenzialmente molto più concrete.
Ed è di nuovo la rivista Nature a pubblicare l’articolo firmato da Stefano Sacanna, del Dipartimento di Chimica della New York University, che descrive la creazione delle microscopiche cellule capaci di catturare e immagazzinare particelle o veicolare carichi. La particolarità di queste minuscole cellule è di non essere “vive” ma di esser costituite da materiali colloidi dotati di un singolo poro e in grado di imitare il funzionamento della membrana cellulare sferica. Un secondo motivo di interesse nei confronti di questa tecnologia risiede nel fatto che le microcellule sono in grado di riprodurre il meccanismo del trasporto attivo con cui le cellule biologiche scambiano ioni e molecole in un processo indispensabile per la vita. Si tratta, dunque, di una ricerca che taglia un traguardo impensabile nel campo della biologia sintetica e fa proiettare lo sguardo verso un futuro in cui queste cellule - che gli stessi autori paragonano al protagonista del celebre videogioco Pac-Man - potranno aiutarci a ripulire l’ambiente o il nostro stesso organismo da virus e batteri.
Le cellule Pac-Man rappresentano il tripudio dell’ingegneria dei materiali in quanto sono avvolte da una membrana sintetica su cui è presente un foro, rievocando così l’idea dei canali di trasporto collocati sulle membrane plasmatiche delle cellule. All’interno della cellula una sorta di catalizzatore attivato da impulsi luminosi genera un gradiente chimico che si propaga verso l’esterno attraverso il microporo della membrana e pompa oggetti nella cellula. La geometria stessa del microporo impedisce agli oggetti di fuoriuscire anche quando il catalizzatore è spento. In buona sostanza il catalizzatore svolge la funzione che nelle cellule viventi è a carico dei mitocondri.
Le cellule Pac-Man possono essere prodotte in grossi quantitativi, il che sollecita l’immaginazione per le diverse applicazioni di questa tecnologia. Le prime prove di utilizzo sono state eseguite per ripulire le acque dalle impurità, dimostrando il grande impatto che potrebbe avere nella lotta all’inquinamento. Non solo, le cellule Pac-Man potrebbero essere fondamentali anche per ingurgitare i batteri presenti nell’organismo, tanto che in un esperimento condotto dai ricercatori statunitensi è stato visto come esse fossero in grado di fagocitare batteri come Escherichia coli, responsabile di un gran numero di infezioni nella specie umana.
Oltre a queste attività da spazzino, queste cellule sono in grado di trasportare e consegnare molecole, e quindi anche farmaci, presso organi o tessuti che ne necessitino. Si tratta di una possibilità affascinante che aprirebbe le porte alla generazione di nuovi sistemi di delivery in maniera altamente specifica, aumentando l’efficacia delle terapie.
La biologia sintetica compie un altro passo avanti e anche se per ora le applicazioni delle cellule Pac-Man devono trovare conferma in modelli più complessi, questa ricerca getta solide fondamenta per lo sviluppo di nuovi materiali. La strada è ancora molto lunga e, inevitabilmente, risultati come questo forniranno ottimi spunti di discussione e riflessione all’interno della comunità scientifica ma al netto delle speculazioni, il maggiore vantaggio di questo filone di studio è lo sviluppo di cellule in grado di imitare le funzioni degli originali svolgendo compiti che una cellula viva oggi non può compiere.
Un pò come gli amminoacidi che si potrebbero sintetizzare disponendo di due coppie di basi azotate in più. “Se leggi un libro scritto con sole quattro lettere, forse non potrai raccontare molte storie interessanti, ma con più lettere puoi inventare nuove parole e, forse, potrai raccontare storie più interessanti”. Fu questo il commento di Romesberg di fronte alla stampa internazionale che lo interrogava sul valore della sua ricerca nella costruzione di un DNA artificiale. Una frase probabilmente preparata ad hoc per celebrare lo strabiliante risultato ottenuto ma alla quale qualcuno ha risposto che, pur con sole quattro lettere, la storia della vita sulla Terra risulta alquanto affascinante.