DNA

Un folto gruppo internazionale di ricercatori ha aggiornato il lavoro celebrato all’inizio del millennio da Francis Collins e Craig Venter, aggiungendo nuove parti alla mappa del nostro DNA

Un modo curioso di riassumere l’aumento delle conoscenze sulla geografia del pianeta Terra potrebbe consistere nel metter insieme tutte le mappe prodotte dalle antiche civiltà sino ai giorni nostri. Dalla cartografia greca e romana fino alle immagini del telescopio Hubble, la configurazione dei continenti muta in maniera radicale. E con essa il punto di vista di chi guarda oltre che le tecnologie impiegate in quest’operazione. Analogamente, la decifrazione del codice genetico umano risente delle nostre capacità tecnologiche e, come dimostra il lavoro di un gruppo di ricerca internazionale pubblicato come preprint su bioRxiv e in attesa di revisione da parte della comunità scientifica, ancora oggi è oggetto di perfezionamento

Il lavoro, pubblicato lo scorso 27 maggio online, annuncia un aggiornamento dello storico traguardo tagliato nel 2001 con il sequenziamento del genoma umano. La storia di questa conquista è un’emozionante pagina della genetica, che ha cambiato il volto della medicina, che ha visto duellare due importanti scienziati: Francis Collins, a capo del Progetto Genoma Umano finanziato da fondi pubblici, e Craig Venter, scienziato imprenditore e fondatore dell’azienda privata Celera Genomics. Ora come allora, il balzo in avanti è stato reso possibile grazie all’avanzamento della tecnologia di sequenziamento, e se vent’anni fa era la Celera Genomics di Venter a suggerire un metodo nuovo di analisi (noto come shotgun), oggi sono la Pacific Biosciences di Menlo Park, in California, e la Oxford Nanopore dell’Oxford Science Park a dare agli scienziati gli strumenti per andare oltre il lavoro dei colleghi.

Per sequenziare l’8% del DNA che ancora mancava è stato necessario non solo disporre di una tecnologia altamente innovativa ma anche di un approccio diverso - un pò come era accaduto col metodo di sequenziamento di Venter che escludeva il DNA intergenico. Nel caso odierno, tuttavia, la risposta che gli scienziati cercavano era contenuta nei centromeri, cioè le strutture che tengono insieme le due parti di un cromosoma. Essi svolgono un ruolo chiave nei processi di divisione cellulare e sono ricchi di quelle ripetizioni che mettono a dura prova i sequenziatori automatici. Karen Miga, ricercatrice presso l’Università della California, e Adam Phillippy, ricercatore presso il National Institutes of Health, hanno cominciato a indagare il significato dei centromeri arrivando a fondare il consorzio T2T (Telomere 2 Telomere Consortium) e arruolando anche Evan Eichler, un biologo dell’Università di Washington da anni impegnato nello studio delle parti mancanti del genoma. Grazie alle potenti (e costose) tecnologie messe in campo da Pacific Biosciences e Oxford Nanopore è stato possibile per i ricercatori impegnati in questa nobile impresa produrre una lettura accurata del DNA, portando a oltre 3 miliardi (precisamente 3,055 miliardi) il totale di lettere di cui è composto il libro della vita. Ciò significa un aumento del 4,5% rispetto al conteggio precedente (che era di 2,95 miliardi) con un incremento del totale dei geni codificanti proteine dello 0,4%: infatti, sono stati aggiunti 115 geni per arrivare ad un totale di 19.969. Numeri che sembrano irrisori ma che assumono un profondo valore nella ricerca delle chiavi di regolazione dei geni.

Il punto di partenza di questa nuova impresa non è stato il DNA di un individuo bensì un ovocita privo del nucleo fecondato da uno spermatozoo, più precisamente di una linea cellulare (CHM13) proveniente dalla fecondazione. È da sottolineare che la linea cellulare presenta un’ anomalia: due copie degli stessi 23 cromosomi, invece di due diverse copie come accade normalmente nelle cellule umane. Questa scelta è stata motivata da esigenze che rendevano più semplice il passaggio analitico ma ha sollevato le obiezioni di alcuni colleghi dubbiosi sul fatto che le differenze osservate potessero essere il frutto di residui accumulatisi durante il processo di propagazione delle cellule in coltura. Karen Miga e i suoi colleghi hanno smentito tale possibilità. Un’altra limitazione è che la linea CHM13 è priva del cromosoma Y,  poiché lo spermatozoo che ha fecondato l’ovocita era portatore del cromosoma X.  Inoltre, gli stessi autori della ricerca hanno dichiarato che sono in corso ulteriori controlli del sequenziamento effettuato

La comunità scientifica internazionale si accinge ora a valutare questa nuova entusiasmante tappa della scoperta dell’universo umano. E, intanto, molto si chiedono: sarà la nostra mappa definitiva? Probabilmente l’avanzamento tecnologico ci porterà altre sorprese. 

 

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