I governi russo e cinese non vogliono restare sullo sfondo e hanno preparato le loro alternative vaccinali ai prodotti americani ed europei
Oltre agli Stati Uniti e ai principali Paesi del centro Europa, al vaccino contro il Coronavirus responsabile dell’attuale pandemia stanno lavorando con grande frenesia anche i ricercatori cinesi e russi. In Cina i principali candidati sono due: quello basato sull’adenovirus di tipo 5, denominato Ad5, dell’azienda farmaceutica CanSinoBIO e il vaccino attenuato, noto come CoronaVac, messo a punto da Sinovac. Sul fronte russo, invece, c’è il noto Sputnik V basato sull’adenovirus ricombinante 26 (rAd26) e l’adenovirus ricombinante 5 (rAd5). Nonostante il governo cinese e quello russo abbiano attuato un’approvazione lampo per i vaccini sperimentali, i risultati pubblicati sembrerebbero affermare che questi non innescano un’efficace risposta immunitaria o che sono meno immunogenici nelle persone oltre i 55-60 anni di età.
APPROVAZIONI A SORPRESA
I dati dello studio clinico di Fase II del vaccino di CanSinoBIO, che è stato sviluppato in collaborazione con l’Istituto di ricerca dell’Accademia Militare delle Scienze Mediche, sono stati pubblicati a luglio sulla nota rivista scientifica The Lancet. Nonostante i risultati indichino l’induzione di una significativa risposta immunitaria, il candidato cinese sembra essere meno immunogenico negli individui di età superiore ai 55 anni. Ma, in tutto ciò, a giugno l'esercito cinese aveva già approvato il vaccino come "farmaco necessario" per la durata di un anno, annunciando la somministrazione ai soldati. Solo successivamente, ad agosto, sono stati avviati gli studi di Fase III in diversi Paesi, tra cui Arabia Saudita, Pakistan e Russia. Per quel che riguarda CoronaVac, invece, i dati relativi al trial di Fase I/II sono stati pubblicati la settimana scorsa sulla rivista The Lancet Infectious Disease e indicano che il vaccino innesca una risposta immunitaria con un livello di anticorpi inferiore rispetto a quelli rilevati in chi si riprende dalla malattia.
Il vaccino russo, inizialmente denominato Gam-Covid-Vac, è stato sviluppato dall’Istituto di Ricerca Gamaleya Research Institute che fa parte del Ministero della Salute della Russia. Anche in questo caso, l’approvazione accelerata annunciata da Vladimir Putin ad agosto, ribattezzando il vaccino con il nome Sputnik V, ha colto di sorpresa l’intero mondo, visto che gli studi clinici erano stati avviati solo a giugno. Analogamente a quanto affermato per il vaccino cinese di CanSinoBIO, secondo i risultati apparsi sulla rivista The Lancet Sputnik V è stato testato - e quindi genera immunogenicità - solo in individui fino ai 60 anni. Per entrambi sono attese le pubblicazioni di ulteriori dati relativi all’efficacia.
LA SICUREZZA
Il vaccino cinese di CanSinoBIO e lo Sputnik V russo, così come quelli di Moderna, Pfizer e AstraZeneca, sono vaccini genetici e in grado di indurre sia una risposta umorale che cellulare. Uno dei maggiori interrogativi a loro indirizzati riguarda la sicurezza: più di qualcuno diffida di un vaccino ottenuto in meno di un anno quando il classico percorso di sviluppo di questo tipo di farmaco arriva a durare anche dieci volte tanto. Tuttavia, a giustificare il netto taglio dei tempi sono due motivazioni di cruciale importanza: da un lato il punto di partenza delle ricerche e lo sforzo congiunto di tanti team a livello globale, dall’altro la cosiddetta “Rolling Review” (RR), la modalità di revisione dinamica dei documenti trasmessi dalle aziende produttrici agli enti regolatori.
Se lo sviluppo dei vaccini ha preso le mosse dalle competenze acquisite nello studio dei precedenti Coronavirus (nel caso del vaccino di AstraZeneca la base è stata lo studio del MERS-CoV, responsabile di una precedente epidemia), la RR con cui le agenzie regolatorie come l’EMA valutano la documentazione inviata prima di concedere l’approvazione all’immissione in commercio è innovativa. Anziché trasmettere l’intero dossier scientifico del candidato vaccino in un colpo solo (cosa che richiede quasi un anno per la valutazione), con la “Rolling Review” si procede per cicli di 14 giorni nei quali viene analizzata una parte della documentazione, in attesa che altri dati vengano raccolti sul campo e spediti. “All’EMA sono già giunte le domande di RR di AstraZeneca e di Johnson&Johnson ma, a giorni, arriverà anche quella di Pfizer”, spiega la dott.ssa Stefania Di Marco, direttore scientifico di Advent. “È il primo step per l’autorizzazione all’immissione in commercio. Man mano che i dati clinici arrivano essi possono essere analizzati ed è auspicabile che l’autorizzazione giunga già a fine anno o a gennaio”. Le prime dosi del vaccino di AstraZeneca saranno destinate all’Inghilterra ma la multinazionale farmaceutica ha pianificato la distribuzione in un elevato numero di siti a livello globale ed è pronta al lancio commerciale. “Quello che tutti speriamo è che ognuno di questi vaccini protegga il più a lungo possibile”, conclude Di Marco. “Ma, ad oggi, nessuno di noi può affermarlo con certezza”.
Dunque, grazie a queste soluzioni la corsa al vaccino contro il nuovo Coronavirus si fa più rapida, senza sacrificare l’aspetto più importante, quello della sicurezza delle persone che lo riceveranno. Sbilanciarsi su tempistiche precise al momento rischierebbe solo di alimentare la confusione oggi vigente ma la speranza di tutti è che il vaccino (o i vaccini) siano disponibili al più presto, magari già nei primi mesi del nuovo anno, e che possano essere destinati subito ai soggetti più fragili, soprattutto gli anziani e coloro che soffrono di comorbidità gravi che potrebbero essere duramente colpiti dal virus. Ed anche agli operatori sanitari che stanno combattendo questa pandemia da quasi un anno senza risparmiarsi
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