Un libro per comprendere le basi della biologia molecolare ed avere gli strumenti per poter valutare le straordinarie - e a volte discutibili - prospettive delle biotecnologie moderne
La questione che da sempre assilla l’essere umano è se, in un modo o nell’altro, sia possibile cambiare il nostro destino. Una fine già scritta per tutti gli esseri viventi, ma di cui solo l’umanità è consapevole: infatti, la specie umana è l’unica a saper di dover morire e, proprio per questo, l’unica che ha cercato un modo per superare, o almeno aggirare, questo limite. Grazie al libro “Più in alto degli dèi – L’ingegneria genetica dell’uomo prossimo venturo” di Marco Crescenzi – dirigente di ricerca presso l’Istituto Superiore di Sanità e divulgatore - è possibile ripercorrere le tappe della storia delle biotecnologie, dalla genetica di Mendel fino all’arrivo di CRISPR, per scoprire se oggi la scienza è davvero in grado di superare quel limite.
Evoluzione, malattie, invecchiamento: sono molti i fattori che “mettono in pericolo” la sopravvivenza dell’essere umano e che ci hanno indotto a cercare – fin dagli albori dell’umanità – il segreto della vita eterna (preferibilmente in salute e con poche complicanze). Questa aspirazione deriva dal fatto che, grazie al nostro cervello – e allo sviluppo del pensiero astratto – siamo in grado si immaginare cose che non esistono e di fare previsioni per il futuro, come scrive l’autore nelle prime righe del libro. E questo è un dono, ma anche una disgrazia: la consapevolezza di sé non è una prerogativa umana, ma la nostra è talmente sviluppata da non farci accettare un destino che prevede un crudele declino delle capacità psico-fisiche e che conduce inesorabilmente alla morte.
Per troppo tempo l’illusione di essere la specie migliore sulla Terra ha pervaso l’essere umano, ma il successo degli umani sta nell’intelligenza e, ancora di più, in ciò che ci ha permesso di sviluppare a livello scientifico, tecnologico e culturale. “Senza la tecnologia saremmo degli animali molto fragili”, afferma Crescenzi nel libro. E basta ricordare il rischio di estinzione che l’Homo sapiens ha vissuto - e che altri ominidi non hanno superato - per comprendere quanto effimera sia la sopravvivenza di una specie, anche di una che ha poi raggiunto la Luna. Come illustrato dall’autore, la superiorità umana non è in realtà così netta come si crede: gli animali hanno diverse capacità che superano largamente quelle dell’uomo. Al di là dell’ovvia debolezza nell’affrontare a mani nude un leone inferocito o nel vincere una gara di nuoto contro un tonno, l’essere umano è una specie molto suscettibile ai tumori ad esempio. Cosa che non è vera per altre specie, le quali hanno sviluppato metodi per contrastare l’insorgenza del cancro (un esempio citato è quello dell’elefante) e di altre malattie. C’è poi l’annosa questione dell’invecchiamento. Inizialmente si presupponeva che tutti gli animali invecchiassero come gli umani, i quali hanno stabilito due parametri principali per misurarlo: la progressiva perdita della capacità riproduttiva e di riuscire a sopravvivere nel proprio ambiente. Questo non è universalmente valido, anzi: gli esempi tratti dal mondo animale smontano continuamente l’ennesima tesi erroneamente antropocentrica.
Diversi sono gli esempi di studi ed esperimenti fatti su modelli animali, che hanno permesso di creare animali geneticamente modificati e potenziati in qualche loro caratteristica che li può rendere straordinari. Ma alcune specie hanno già delle capacità intrinseche incredibili, che sono state studiate ad hoc per poter essere riprodotte e ulteriormente aumentate. Resistenza ai tumori, rigenerazione di arti, vita lunghissima, sopravvivenza a condizioni climatiche estreme, sensi ipersviluppati e molto altro ancora: i regni animale e vegetale sono una fonte inesauribile di stupore e di idee per immaginare un superumano.
Ma è concepibile modificare il genoma – o parti del corpo umano - per acquisire caratteristiche che non appartengono alla specie o migliorare quelle che già possediamo? La domanda, infatti, non è più se questo sia possibile, perché sappiamo che si può fare ed è già stato fatto in alcuni casi, ma se tutto ciò possa essere considerato accettabile. “Usare la genetica per dare una vita migliore a tutti gli uomini che verranno sarebbe ancor più che alleviare le sofferenze: significherebbe creare un nuovo modo di esistere”, scrive Marco Crescenzi. Proprio per analizzare questi aspetti, l’ultima parte del libro è dedicata ai superumani, al movimento del transumanesimo e a ciò che è già stato fatto. Sono ormai famosi Neil Harbisson e il suo impianto al cervello, che gli permette di convertire le onde elettromagnetiche e i colori in vibrazioni udibili, ma anche Telepathy (di cui abbiamo già parlato su Osservatorio Terapie Avanzate), l’interfaccia sviluppata da Neuralink che collega il cervello umano al computer. Crescenzi racconta anche le vicende e i discutibili esperimenti messi in atto da He Jiankui, ricercatore cinese che per primo ha usato CRISPR per modificare embrioni umani e portarli alla nascita, su cui OTA ha fatto diversi approfondimenti.
Leggendo il libro una cosa appare ben chiara: il futuro dell’umanità è già oggi. L’esempio per eccellenza nella più moderna ricerca medica è CRISPR, che in poco più di dieci anni è passata dall’essere un “banale” sistema di difesa dei batteri a una terapia per la beta-talassemia e l’anemia falciforme già approvata in molti Paesi del mondo. Un record assoluto se si guarda alle tempistiche della ricerca medica. Il dibattito, quindi, non riguarda più l’ambito tecnico-scientifico, ma quello etico e filosofico. Tutto ciò, e le conseguenze (in parte ancora sconosciute) che comporta, è ammissibile? Siamo in grado di accettare di modificare la specie umana per andare “più in alto degli dèi”? Difficile dare una risposta netta, anche dopo aver letto le 136 pagine del libro, che si conclude con un utile glossario a disposizione del lettore.
Una laurea in medicina, un dottorato in patofisiologia pediatrica, tanti anni dedicati alla ricerca e una passione per la divulgazione: Marco Crescenzi ha scritto un libro molto documentato, ricco di box tematici che supportano il testo divulgativo, con contenuti rigorosi comunicati in un linguaggio comprensibile. Sebbene in alcuni punti potrebbe risultare un po’ complesso per il lettore senza una minima formazione scientifica, è un libro che dà una visione a 360 gradi della storia dell’ingegneria genetica fino ai giorni nostri.
“Se decideremo di intraprendere questo cammino, forse un giorno Icaro non avrà bisogno della cera, per mettere le ali”.