cellule staminali, cuore, insufficienza cardiaca

Le cellule staminali vengono indotte a trasformarsi in cardiomiociti e poi mescolate a un gel di collagene, questo viene posizionato sulla superficie esterna del cuore come un cerotto 

Quando ci tagliamo, mettiamo un cerotto: protegge la ferita e aiuta la pelle a guarire. Ma cosa succede quando a “ferirsi” è il cuore? Dopo un infarto, il muscolo cardiaco non si rigenera: al suo posto resta una cicatrice che lo rende meno elastico e meno efficiente nel pompare il sangue. In questi casi, un semplice cerotto certo non basta. Un “biocerotto” fatto di cellule staminali potrebbe aiutare a riparare il danno, almeno temporaneamente. È quello che è stato tentato su una donna di 46 anni con insufficienza cardiaca: l’innesto di cellule staminali ha mantenuto stabile il suo cuore per tre mesi, il tempo necessario per ricevere un trapianto. Non solo i “cerotti” erano rimasti in sede, ma avevano anche formato vasi sanguigni per il trasporto di ossigeno e nutrienti. Il caso è stato pubblicato su Nature da un team tedesco.

QUANDO IL CUORE NON POMPA ABBASTANZA

Si stima che 60 milioni di persone nel mondo vivano con insufficienza cardiaca e che più della metà di coloro che ricevono una diagnosi di insufficienza cardiaca grave muoiano entro un anno. In questa condizione, infatti, il cuore non riesce più a pompare la quantità di sangue necessaria in tutto il corpo.

Circa il 25% dei sopravvissuti a un infarto sviluppa insufficienza cardiaca entro 4 anni: la probabilità aumenta con l’estensione del danno, poiché le cellule del muscolo cardiaco (miociti) danneggiato non si rigenerano, ma formano una cicatrice. Questo riduce la capacità del cuore di contrarsi e aumenta lo stress al quale viene sottoposto, costringendolo a battere più velocemente e con maggiore forza per compensare il danno.

L’ATTESA DI UN CUORE NUOVO

La maggior parte dei pazienti con insufficienza cardiaca viene trattata con farmaci o dispositivi impiantabili, sebbene si stiano studiando anche terapie innovative come le cellule CAR-T e terapie basate su RNA. Tuttavia, nei casi più gravi, il cuore non è più in grado di pompare sangue adeguatamente nemmeno a riposo e risulta così danneggiato da non rispondere più alle terapie e ai dispositivi.

In queste situazioni, può essere necessario ricorrere a un trapianto di cuore: tuttavia, la carenza di donatori fa sì che questa opzione sia riservata solo all’1% dei pazienti che ne avrebbero bisogno, con tempi di attesa che possono essere molto lunghi, in media 11,4 mesi. Tant’è che in questi ultimi anni parte della comunità scientifica ha cominciato a puntare agli xenotrapianti come possibile  soluzione al numero sempre insufficiente di organi umani a disposizione. Sono due gli uomini ad aver ricevuto un cuore di maiale (ne abbiamo parlato qui) ma entrambi sono sopravvissuti solo un paio di mesi, il filone degli xenotrapianti è molto interessante ma le sfide da affrontare per arrivare ad una pratica clinica sono ancora tante.

Un’alternativa al trapianto è rappresentata dai dispositivi di assistenza ventricolare, pompe meccaniche che aiutano il cuore a pompare il sangue, ma sono costosi e richiedono interventi chirurgici invasivi.

RIGENERARE IL CUORE CON LE TERAPIE AVANZATE

Un’altra possibilità consiste nella rigenerazione del tessuto cardiaco danneggiato. Gli scienziati stanno inseguendo la rigenerazione del cuore con la stessa tenacia con cui, nei secoli, si è cercato il Sacro Graal: un obiettivo ambizioso, quasi leggendario, che oggi sembra sempre più vicino grazie ai progressi delle terapie avanzate, come la terapia cellulare o genica

Negli ultimi anni, sono aumentati gli studi sulle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), che vengono indotte a trasformarsi in cardiomiociti maturi e impiantate nel cuore per sostituire il tessuto danneggiato. Finora, però, i risultati sono stati discordanti: l’iniezione di cellule staminali nel cuore ha causato effetti collaterali come battiti cardiaci irregolari, crescita di tumori o rigetto da parte del sistema immunitario del paziente.

UN “UN CEROTTO” DI CELLULE STAMINALI

Il gruppo di ricercatori del German Centre for Cardiovascular Research (DZHK) di Gottinga ha sviluppato una nuova strategia, meno invasiva, per l’innesto delle cellule staminali. Gli scienziati hanno indotto le iPSC a differenziarsi in cellule del muscolo cardiaco e del tessuto connettivo, ma anziché iniettarle direttamente nel cuore, le hanno mescolate con un gel di collagene per creare una sorta di “biocerotto”. Questi sono stati posizionati sulla superficie del cuore con una procedura minimamente invasiva, poiché rimangono all’esterno dell’organo. 

La procedura è stata inizialmente sperimentata su modelli animali: su sei macachi con insufficienza cardiaca, confrontandola con un gruppo di controllo composto da sette macachi non trattati. Tre degli animali trattati hanno ricevuto due cerotti, mentre gli altri tre ne hanno ricevuti cinque. Gli animali sono stati inoltre trattati con farmaci per bloccare eventuali risposte immunitarie avverse.

Dopo sei mesi, i macachi che avevano ricevuto cinque cerotti hanno mostrato un ispessimento della parete cardiaca fino al 15% rispetto ai controlli. Inoltre, tre degli animali trattati hanno mostrato un aumento del 10% nella quantità di sangue pompato a ogni battito cardiaco. Nessuno dei macachi trattati ha sviluppato aritmie o tumori.

LO STUDIO CLINICO

Questi risultati preclinici hanno aperto la strada per un trial clinico di Fase I/II denominato BioVAT-HF, che è stato avviato nel 2021 e i cui primi risultati sono stati appunto pubblicati a gennaio su Nature. Una donna di 46 anni, con insufficienza cardiaca grave e in attesa di trapianto, ha ricevuto il trattamento: i chirurghi hanno eseguito un’incisione di 10 centimetri sul lato sinistro del suo torace e posizionato 10 cerotti sulla superficie del suo cuore, fissandoli con alcuni punti di sutura

Grazie a questa operazione, le condizioni della donna sono rimaste stabili per tre mesi, quando finalmente ha ricevuto il trapianto di cuore. I medici che hanno esaminato il vecchio cuore “rattoppato” hanno osservato che non solo i biocerotti erano rimasti al loro posto, ma avevano anche formato una rete di minuscoli vasi sanguigni, che li rifornivano di ossigeno e nutrienti.

Nel trial di follow-up attualmente in corso, i ricercatori hanno impiantato 20 cerotti in ciascuno dei 15 partecipanti. Stanno inoltre testando nuovi design dei cerotti nei macachi per cercare di ridurre la necessità di farmaci immunosoppressori.

"Per la prima volta abbiamo a disposizione un innesto biologico coltivato in laboratorio che ha il potenziale per stabilizzare e rafforzare il muscolo cardiaco", ha affermato Ingo Kutschka, coautore dello studio e chirurgo cardiaco presso l'University Medical Center di Gottinga, durante una conferenza stampa. Il trattamento, hanno spiegato i ricercatori, non è pensato per sostituire completamente un trapianto, ma può aiutare le persone con insufficienza cardiaca avanzata in attesa di un cuore nuovo. Questo approccio offre una nuova opzione terapeutica a pazienti che attualmente sono sotto cure palliative.

Con il contributo incondizionato di

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