Due recenti eventi sottolineano le difficoltà: sospesa la commercializzazione di una terapia genica per l’emofilia B e svalutata una biotech dedicata alle terapie geniche per le malattie rare
Negli ultimi anni, le terapie avanzate – in particolare quelle basate sulla terapia genica – hanno rappresentato una delle frontiere più promettenti della medicina, offrendo speranze concrete per la cura di malattie genetiche rare e patologie croniche complesse. Tuttavia, recenti sviluppi nel settore hanno sollevato preoccupazioni sulla sostenibilità di questi trattamenti, mettendo in discussione il modello economico e regolatorio su cui si basa l’industria farmaceutica. Due eventi emblematici, la sospensione dello sviluppo e della commercializzazione della terapia per l’emofilia B fidanacogene elaparvovec (nome commerciale Beqvez negli Stati Uniti e Durveqtix in Europa) da parte di Pfizer e la cessione – con una drastica svalutazione – della biotech bluebird bio a fondi statunitensi, evidenziano la fragilità del settore e sollevano ulteriori interrogativi sulle prospettive del mercato delle terapie avanzate.
UN PASSO INDIETRO NELLA TERAPIA DELL’EMOFILIA
Originariamente sviluppata da Spark Therapeutics, fidanacogene elaparvovec è stata concessa in licenza a Pfizer nel 2014 e, infine, nel 2024 ha ottenuto l'approvazione statunitense e quella europea per le persone affette da emofilia B, la forma meno comune della malattia ereditaria caratterizzata da intensi sanguinamenti. Come riportato pochi giorni fa da Biopharma Dive, nonostante le promesse di una soluzione a lungo termine, pare ci sia stato un limitato interesse, sia da parte dei pazienti che dei clinici, nei confronti delle terapie geniche per l'emofilia. Infatti, nessun paziente sembra aver ricevuto la terapia una volta entrata in commercio negli Stati Uniti. Il suo costo, pari a 3,5 milioni di dollari per paziente, non è sicuramente a favore di un’ampia diffusione, almeno finchè non si troverà un modo per rendere queste terapie più accessibili.
Le terapie geniche per l’emofilia sembravano essere un settore in grande espansione fino a pochi mesi fa (ne abbiamo parlato qui), ma ora le cose stanno cambiando. Questa notizia mette in evidenza le difficoltà tecniche e regolatorie legate a questi trattamenti innovativi: fidanacogene elaparvovec era stato approvato con grandi aspettative, ma i dati clinici successivi hanno evidenziato un’efficacia inferiore a quella prevista e potenziali effetti collaterali significativi. Questo episodio ha riacceso il dibattito sulla sostenibilità economica della terapia genica che spesso richiede investimenti miliardari nella fase di ricerca e sviluppo, senza garanzie di successo a lungo termine.
La decisione di Pfizer di abbandonare la terapia genica per l’emofilia segna essenzialmente l'uscita dell'azienda dal campo dei trattamenti di questo tipo. La casa farmaceutica, infatti, ha abbandonato anche i progetti di sviluppo clinico sulla distrofia muscolare di Duchenne e sull'emofilia A, sviluppata in collaborazione con Sangamo Therapeutics. Ma Durveqtix non è l’unica terapia genica per l’emofilia attualmente in commercio in Europa: ci sono anche etranacogene dezaparvovec (Hemgenix) commercializzata da CSL Behring per l'emofilia B, e valoctocogene roxaparvovec (Roctavian) commercializzata da BioMarin Pharmaceutical per l'emofilia A. Terapie sulle quali certamente ora verrà puntata l’attenzione.
BLUEBIRD BIO: DA 11 MILIARDI A 30 MILIONI DI DOLLARI
Un’altra notizia che nei giorni scorsi ha scosso il settore è la vicenda di bluebird bio. Biotech fondata con l’obiettivo di sviluppare terapie geniche per malattie rare e che aveva già sollevato la discussione della sostenibilità delle terapie avanzate nel 2021 a seguito del contemporaneo ritiro di ben due terapie geniche dal mercato europeo (ne abbiamo parlato qui), una per la beta-talassemia e l’altra per l’adrenoleucodistrofia cerebrale (quest’ultima è stata sul mercato 3 mesi appena). L’azienda era valutata 11 miliardi di dollari nel 2018, ma ha dovuto affrontare difficoltà finanziarie crescenti a causa degli alti costi di sviluppo e delle difficoltà di accesso al mercato. Recentemente, la biotech è stata acquisita da fondi statunitensi per soli 30 milioni di dollari: una svalutazione drastica che testimonia le difficoltà economiche che affliggono le aziende biotecnologiche specializzate in terapie avanzate.
Il caso dimostra come l’enorme investimento necessario per lo sviluppo di questi trattamenti non sempre si traduca in un ritorno economico sostenibile. I prezzi elevati delle terapie geniche – spesso superiori a un milione di dollari per singolo paziente – rappresentano un ostacolo per la loro diffusione, poiché i sistemi sanitari faticano a sostenerne i costi e le aziende trovano difficoltà nel garantire una redditività adeguata.
UNA CRISI PER LE TERAPIE AVANZATE?
Questi eventi sollevano un importante interrogativo: il settore delle terapie avanzate è seriamente in crisi? Se ci si basa sui numeri, la risposta non è incoraggiante: fidanacogene elaparvovec rappresenta la nona terapia avanzata ritirata dal commercio europeo dal 2015 ad oggi, che su un totale di 27 terapie arrivate sul mercato, ha un peso considerevole (è possibile scaricare la tabella di tutte le terapie avanzate approvate QUI).
Le difficoltà recentemente incontrate da Pfizer e bluebird bio mostrano che il modello attuale presenta criticità rilevanti. Gli investimenti richiesti per sviluppare e commercializzare terapie geniche sono enormi, e spesso non garantiscono un ritorno sufficiente a coprire i costi. Inoltre, la complessità dei processi regolatori e la necessità di dimostrare un’efficacia a lungo termine rendono difficile la piena affermazione di questi trattamenti sul mercato.
Un altro noto problema riguarda il sistema di rimborso sanitario: i prezzi elevati delle terapie geniche rappresentano una sfida per i governi e le assicurazioni (come nel caso degli Stati Uniti), che devono trovare modi per finanziare trattamenti estremamente costosi ma potenzialmente risolutivi. Senza modelli di pagamento innovativi, molte di queste terapie rischiano di rimanere accessibili solo a una piccola parte della popolazione, limitando il loro impatto sulla salute pubblica, oppure di sparire dal mercato.
Nonostante le difficoltà attuali, le terapie avanzate rimangono un settore chiave per il futuro della medicina. Ed è per questo motivo che vi è una continua ricerca di nuove strategie per affrontare le sfide organizzative, economiche e regolatorie (ne è un esempio il retreAT, progetto di policy shaping portato avanti da Osservatorio Terapie Avanzate ). Tuttavia, per garantire il successo a lungo termine di queste tecnologie, e quindi un reale impatto sulla vita dei pazienti, sarà necessario un impegno congiunto da parte delle aziende, delle istituzioni sanitarie e dei governi.