Il Bambino Gesù sta selezionando pazienti con la forma più grave della malattia, le loro cellule saranno utilizzate per testare in laboratorio una nuova terapia genica. Ce ne parla la dott.ssa May El Hachem
Una malattia genetica rara, con alcune forme gravemente invalidanti, per cui ad oggi non esiste ancora una cura risolutiva: l’epidermolisi bollosa (EB) è una condizione altamente impattante sulla salute e sulla qualità di vita delle persone che ne sono affette e delle loro famiglie. Le forme intermedie, ma soprattutto gravi, dell’epidermolisi bollosa distrofica recessiva, sono quelle con le conseguenze più devastanti per l’organismo e sono le protagoniste dello studio preclinico avviato all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (OPBG) - il cui Investigatore Principale è il professor Franco Locatelli, responsabile di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico del centro - con l’obiettivo di poter sviluppare una nuova terapia genica sperimentale. Osservatorio Terapie Avanzate ha intervistato la dottoressa May El Hachem, responsabile della dermatologia dell’Ospedale e co-responsabile del progetto.
EPITELI ESTREMAMENTE FRAGILI
Pelle e mucose interne (compresa quella oculare): sono gli epiteli che vengono principalmente colpiti dalla malattia, che causa bolle e ulcere di varia entità ed estensione. Si manifestano generalmente in seguito a traumi, anche minimi (contatti, sfregamenti anche leggeri), sono molto dolorose e ricorrenti. Questo è il motivo per cui i piccoli pazienti vengono chiamati “bambini farfalla”: la loro pelle è infatti delicatissima, come le ali di una farfalla, ed è il motivo per cui deve essere protetta e monitorata per prevenire/ritardare eventuali complicanze locali, tra cui infezioni e tumori della pelle, o sistemiche (anemia cronica, malnutrizione, deformità delle mani con danno funzionale importante, contrattura delle articolazioni con difficoltà alla deambulazione, stenosi esofagea, osteoporosi, ecc…) .
La gravità dei sintomi dipende dalla forma con cui si manifesta. L’epidermolisi bollosa (EB) viene classificata in quattro grandi gruppi: l’EB simplex (EBS), l’EB giunzionale (JEB), l’EB distrofica (DEB) – ciascuna di queste con numerosi sottotipi – e l’EB Kindler (Fonte: Orphanet). La malattia può essere caratterizzata da una ereditarietà dominante o recessiva, ma è noto che tutte le tipologie originano da mutazioni in geni che codificano per proteine responsabili della stabilità strutturale degli epiteli e dell’adesione a livello della giunzione dermo-epidermica.
OPZIONI TERAPEUTICHE
In Europa – e, di conseguenza, in Italia - non ci sono terapie avanzate autorizzate per questa malattia e la gestione multidisciplinare, che vede coinvolti molti esperti nel percorso clinico dei pazienti, è la miglior opzione. Per i pazienti con epidermolisi bollosa distrofica recessiva è attualmente approvata e rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) soltanto una terapia locale: un gel topico a base di corteccia di betulla, che accelera la guarigione delle ferite. Questo farmaco è disponibile in Italia dalla primavera scorsa e viene prescritto nei Centri di riferimento per la patologia, tra cui proprio il Bambino Gesù.
Un altro trattamento sotto forma di gel topico per i pazienti affetti da epidermolisi bollosa distrofica è beremagene geperpavec (B-VEC, nome commerciale Vyjuvek). In questo caso si tratta di una terapia mirata: una terapia genica in vivo che utilizza un vettore virale (herpes-simplex di tipo 1, HSV-1) modificato in laboratorio per trasportare copie funzionali del gene COL7A1 alle cellule della pelle del paziente grazie all’applicazione sulle ferite. La terapia è stata autorizzata dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense nel 2023 ma non è ancora stata approvata dagli enti regolatori europei e italiani - è attualmente in fase di valutazione da parte dell’European Medicine Agency (EMA). Nel frattempo alcuni centri italiani, tra cui l’Ospedale della Santa Sede, riescono a prescrivere questa terapia a pazienti molto gravi ricorrendo al percorso di accesso precoce tramite il Fondo 5% dell’AIFA e seguendo una procedura molto complessa.
Una seconda terapia genica sperimentale con lo stesso target genetico - il gene COL7A1 - è EB-101 (prademagene zamikeracel) che utilizza un vettore retrovirale per il trasporto del gene terapeutico (ne abbiamo parlato qui). Sono stati condotti studi clinici di Fase III, ma non ha raggiunto i risultati sperati.
UNO STUDIO SULLE CELLULE DEI PAZIENTI
COL7A1 è anche l’obiettivo della sperimentazione preclinica, finanziata dal PNRR, in corso all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e condotto in collaborazione con l’INSERM di Parigi che ha sviluppato il vettore virale, di natura retrovirale.
“Questo studio ha due obiettivi: il primo è la selezione, attraverso una caratterizzazione clinica, immunopatologica, immunologica e molecolare, di un gruppo di pazienti con epidermolisi bollosa distrofica recessiva. Il secondo riguarda lo sviluppo preclinico del prodotto per la terapia genica ex vivo con equivalenti cutanei geneticamente modificati dei pazienti. La prima parte la sto seguendo in prima persona, mentre la seconda viene gestita dal laboratorio del prof. Locatelli. Ci tengo a sottolineare che questo non è uno studio clinico sulla terapia genica, ma uno studio ‘pre-terapia’: si tratta di preclinica e, infatti, si testa solo sulle cellule prelevate dai pazienti idonei”, spiega la dottoressa El Hachem. “Di ogni paziente, identifichiamo tutte le lesioni, i sintomi e l’impatto sulla qualità della vita. Poi facciamo un prelievo di sangue per avviare lo studio sull'autoimmunità, perché potrebbero avere già sviluppato degli auto-anticorpi verso il collagene VII. Inoltre, viene analizzato lo stato infiammatorio, che può impattare sulla clinica. Infine, facciamo anche un prelievo cutaneo per indagare le varie frazioni del collagene VII”.
Come riportato dalla dottoressa, sono stati arruolati 24 pazienti - principalmente pediatrici - e, su quelli che risulteranno idonei, verrà fatta una nuova biopsia per la produzione di equivalenti cutanei geneticamente modificati. “I criteri di esclusione prevedono di non considerare per lo studio pazienti con comorbidità come l’insufficienza renale, la cardiopatia o carcinomi squamocellulari. Con queste premesse, gli adulti reclutabili sarebbero comunque pochi, perché nel tempo sono sintomi che vengono sviluppati frequentemente”, aggiunge la dottoressa.
“Ancora non sappiamo quali saranno le tempistiche per arrivare a una sperimentazione clinica di terapia genica sui pazienti. È un lavoro che richiede anni e fondi, su queste cose non ci si deve mai precipitare ma muoversi con impegno e dedizione per raggiungere dei risultati concreti che, un domani, potranno essere utili ai pazienti”, prosegue May El Hachem. Si tratta, infatti, di uno studio in corso che avrà ancora la durata di un anno e poi, a novembre 2025, bisognerà trovare altri finanziamenti e bandi di ricerca per proporre il successivo studio, quello della valutazione della terapia genica su un gruppo di pazienti. Solo se tutto andrà come previsto, si potrà poi pensare di procedere con lo studio clinico con il trapianto di pelle geneticamente modificata sui pazienti.
OPBG: UN CENTRO DI RIFERIMENTO PER L’EPIDERMOLISI BOLLOSA
L'Ospedale ha creato il "Centro Multidisciplinare di diagnosi e cura dell'EB" presso l'unità operativa di Dermatologia. L’unità è anche Centro di Riferimento Regionale per le Epidermolisi Bollose Ereditarie e la dottoressa El Hachem è membro del team coordinatore del Network Europeo per le Malattie Rare e non Diagnosticate della Cute (ERN-Skin). Inoltre, da alcuni anni è stata attivata l’unità di ricerca Genodermatosi che si dedica maggiormente allo studio della fibrosi nei pazienti con epidermolisi bollosa.
“Dagli anni ‘90 abbiamo cominciato a costruire un percorso che prevede un approccio multidisciplinare, nel vero senso della parola, ai pazienti affetti da questa malattia. Abbiamo avuto una formazione specifica all’estero, a cominciare da me e poi anche per l'istologo e il chirurgo plastico, dopodiché abbiamo trasferito la formazione agli altri specialisti dell'ospedale perché questa malattia, vista la fragilità muco-cutanea, richiede attenzioni particolari anche per una banale iniezione intramuscolare. Ormai siamo un centro di riferimento per l’epidermolisi bollosa da anni”, racconta la dottoressa. “Il paziente con epidermolisi che vuole essere seguito al Bambino Gesù ha un percorso privilegiato: contatta direttamente la dermatologia, come scritto anche sul nostro sito, e non prenota tramite CUP. Successivamente, organizziamo il primo incontro e la presa in carico, a cui seguono le visite e i ricoveri in base alle specifiche necessità del paziente. Noi seguiamo circa 150 pazienti sia pediatrici che adulti, ma oggi – a differenza di anni fa – ci sono anche altri centri di eccellenza italiani che si occupano di epidermolisi bollosa e, quando possibile, cerchiamo di non far spostare le persone lontano da casa”.
Leggi l’approfondimento sulle terapie avanzate per l’epidermolisi bollose qui.