Le terapie avanzate, ma più in generale l’innovazione biomedica, portano da sempre con sé grandi quesiti teoretici. A volte mettono letteralmente in crisi i principali modelli interpretativi della bioetica, quasi sempre portano con sé un’ampia gamma di dubbi e domande estremamente pratiche, tra le quali svettano l’informazione e l’allocazione delle risorse. Se da un lato la possibilità dell’editing genomico sugli embrioni umani è probabilmente l’esempio per eccellenza del quesito bioetico del nuovo millennio, dall’altro è impossibile non interrogarsi oggi su temi quali sperimentazione clinica, consenso informato e informazione (sia essa intesa come tempo di cura che come informazione pubblica).
La febbrile ricerca di una nuova terapia, di una nuova speranza per non arrendersi alle malattie, è da sempre connaturata all’uomo. Oggi abbiamo a disposizione sofisticate biotecnologie sviluppate con l’intento di salvare vite umane, che necessitano anni e anni di sperimentazioni cliniche (e prima ancora precliniche) e di ingenti risorse economiche per la loro applicazione pratica. Alle volte sono propriamente in grado di guarire (ne è un esempio la terapia genica per l’immunodeficienza ADA-SCID), in altri casi rappresentano le più alte forme di terapia personalizzata (come le CAR-T). Nella quasi totalità dei casi hanno dei costi elevati, soprattutto se paragonate alla terapie “tradizionali” e richiedono una rielaborazione delle strategie politiche, sociali ed economiche.
Chi può e deve quindi occuparsi di decidere come destinare le risorse, per natura limitate? Chi ha diritto di curare ed essere curato? Siamo certi che si tratti davvero di un problema di costi assoluti? Osservatorio Terapie Avanzate vuole offrire uno spazio di dibattito pubblico dedicato a questi ed altri temi bioetici intrinsecamente pluridisciplinari, accogliendo riflessioni e proposte, senza alcuna pretesa di esaustività. Sempre nell’ottica di farsi strumento al servizio di pazienti, ricercatori, istituzioni, giornalisti e stakeholder, favorendo un dibattito indipendente ed intellettualmente onesto.
Il primo grande traguardo nella ricerca sugli embrioni è stato raggiunto alla fine degli anni ’70 con la nascita in Inghilterra di Louise Brown, primo neonato concepito con la fecondazione in vitro. Da allora sono state molte le linee guida, le leggi e le norme internazionali che proibivano la crescita di embrioni in laboratorio oltre i 14 giorni consecutivi. Al di là delle regolamentazioni, mezzo secolo fa non esistevano le tecniche per fare sopravvivere un embrione di mammifero in vitro per un periodo così lungo, ma ora sì. Questa possibilità scatena riflessioni scientifiche e bioetiche, a maggior ragione se si considera anche il recente studio sullo sviluppo di embrioni di topo in un utero artificiale. Una vera rivoluzione per la ricerca su embrioni e cellule staminali.
Un gruppo di ricerca della Columbia University di New York ha studiato gli effetti dell’editing genomico con Crispr-Cas9 su embrioni umani, scoprendo che in più della metà dei casi analizzati ci sono stati importanti effetti indesiderati. Tra questi, la “scomparsa” del cromosoma, o di un suo segmento, su cui è stato fatto l’editing e alcune modifiche su altri cromosomi. Ricerche precedenti potrebbero aver indotto gli scienziati a pensare che la mutazione fosse stata riparata, perché non veniva più rilevata, ma test più approfonditi dimostrerebbero un possibile errore di valutazione: non veniva identificata perché mancava l’intero segmento di DNA. Risultati che spingono ad un’ulteriore riflessione sulle applicazioni e le conseguenze dell’editing genomico sulla linea germinale.
A fine ottobre l’Howard Hughes Medical Institute (Maryland) ha fatto una donazione a 6 cifre alla Henrietta Lacks Foundation come risarcimento per l’uso sperimentale, dagli anni ’50 ad oggi, delle cellule HeLa - la prima linea di cellule immortali al mondo - compiendo un passo avanti nell’affrontare il tema dell’ingiustizia razziale nella scienza. Argomento quanto mai attuale e non solo un lontano ricordo appartenente a più di mezzo secolo. Questo episodio illustra perfettamente come le ingiustizie razziali fossero radicate nella ricerca e nella gestione dei sistemi sanitari, il recente movimento #BlackLivesMatter ha sottolineato la necessità di affrontare il discorso anche alla luce degli eventi passati.
Oggigiorno con una firma in calce su un’innumerevole quantità di moduli concediamo spesso il consenso ad una pratica senza nemmeno leggere il contenuto del modulo. Tuttavia, il consenso informato che firmiamo in ambito medico, anche solo per un banale esame clinico, è un documento legale che assume un immenso valore etico perché costituisce la ferrea base di un rapporto tra medico e paziente. Il consenso informato tutela entrambe le parti e riconosce il diritto del paziente di essere ampiamente informato su tutte le procedure mediche a cui sarà sottoposto. Da ciò si intuisce come le terapie avanzate, e in particolare le procedure di editing genomico, abbiano avuto un impatto notevole non solo sulla medicina ma anche sulla composizione di questo speciale documento.
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