Il farmaco sperimentale promette efficacia a lungo termine e il singolo trattamento annuale permetterebbe di migliorare l’aderenza terapeutica, uno dei punti deboli della lotta al colesterolo
Nell’eterna sfida contro il colesterolo alto, in aggiunta a uno stile di vita sano e ai farmaci tradizionali, stanno emergendo sempre di più le terapie avanzate che mirano a correggere l’espressione dei geni alleati del cosiddetto “colesterolo cattivo”. Una nuova terapia sperimentale, basata sul meccanismo di “RNA interference”, ha ridotto i livelli di lipoproteina(a), una componente del temuto colesterolo LDL, al di sotto della soglia misurabile. Presentato al recente American Heart Association Scientific Sessions 2023 e pubblicato sulla rivista JAMA, lo studio clinico di Fase I ha dimostrato che una singola dose di lepodisiran determina un calo di oltre il 90% della lipoproteina rispetto al valore basale fino al termine delle 48 settimane di studio, aprendo potenzialmente la strada a somministrazioni annuali o biennali.
COLESTEROLO ALTO, UN KILLER SILENZIOSO
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indica che le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte a livello globale. Si stima che nel 2019 siano state responsabili di circa il 31% di tutti i decessi. Tra le molteplici cause, l'ipercolesterolemia, o colesterolo alto, rappresenta un fattore di rischio. Nel mondo sono circa 1,7 milioni i decessi ogni anno attribuibili a livelli elevati di colesterolo LDL.
Anche in Italia, il colesterolo alto colpisce il 35% delle persone, ma quasi la metà non sa neanche di averlo perché non lo controlla. Tra coloro che iniziano un percorso di cura, la scarsa aderenza alla terapia rappresenta ancora un punto dolente, con una percentuale di abbandono che nel caso dei farmaci più comuni, le statine, raggiunge il 50%.
COLESTEROLO BUONO E CATTIVO
La lipoproteina(a) o Lp(a) è uno dei sottotipi di lipoproteina responsabile del trasporto del colesterolo nel sistema circolatorio. Si tratta di una lipoproteina a bassa densità (LDL), quello che comunemente definiamo “colesterolo cattivo”. Le LDL, infatti, trasportano il colesterolo dal fegato al resto del corpo, rilasciandolo nelle cellule e nei tessuti dell’organismo, mentre le lipoproteine ad alta densità (HDL) fanno il percorso inverso, riportando il colesterolo in eccesso al fegato dove verrà rimosso.
Circa 1.4 miliardi di persone nel mondo hanno livelli elevati di Lp(a). Una quantità eccessiva di LDL può provocare rischi per la salute: nella forma ossidata, si depositano sulla parete delle arterie formando placche aterosclerotiche, un ostacolo meccanico al flusso sanguigno. Parti della placca possono staccarsi e formare dei trombi che ostruiscono i capillari.
Modificare il proprio stile di vita resta in un certo senso il trattamento di prima linea per abbassare il colesterolo: dieta errata, sedentarietà e fumo rientrano tra i comportamenti che possono causare ipercolesterolemia e ipertensione arteriosa e disturbi correlati come diabete e obesità. L’alimentazione, però, è in grado di influenzare il colesterolo ematico solo in una piccola percentuale (10-20%). Spesso è necessario ricorrere al trattamento con integratori o farmaci, come le classiche statine, che rallentano o inibiscono la produzione endogena di colesterolo e aumentano la capacità del fegato di eliminare quello già in circolo nel sangue.
TERAPIE AVANZATE CONTRO L’IPERCOLESTEROLEMIA
Negli ultimi anni, stanno emergendo terapie innovative per abbassare il colesterolo. Nel 2017 l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato due anticorpi monoclonali: evolocumab e alicorumab, che inibiscono l’azione di PCSK9, proteina nota per avere un ruolo nel mantenimento dei livelli del colesterolo LDL.
La proteina PCSK9 è anche il bersaglio di un trattamento sperimentale di “base editing”, una versione di CRISPR che non taglia la doppia elica ma è in grado di sostituire singole lettere nel gene di interesse. L’obiettivo della terapia, che è in corso di valutazione in uno studio clinico di Fase I in Nuova Zelanda e in Gran Bretagna, è quello di inserire una mutazione nel gene PCSK9 in maniera tale da disattivarlo e abbassare in maniera permanente i livelli di “colesterolo cattivo”.
Una terza strategia innovativa per ridurre il colesterolo LDL è rappresentata dai farmaci a base di piccoli RNA (siRNA, short interfering RNA), che si basano sul meccanismo dell’RNA interference. In questa classe rientra inclisiran, che ha ricevuto il via libera dell’AIFA nell’ottobre del 2022. Questo farmaco è composto da un piccola molecola di RNA che è in grado di modulare negativamente l’espressione dell’RNA messaggero responsabile della produzione di PCSK9.
LO STUDIO CLINICO SU LEPODISIRAN
Il nuovo farmaco a RNA, sviluppato dall’azienda Eli Lilly and Company, funziona con lo stesso meccanismo di inclisiran ma silenzia l’espressione dell’RNA messaggero della Lp(a). Al siRNA è legato anche uno zucchero, l’N-acetil-galattosammina, che riconosce un recettore presente nelle cellule epatiche, facendo sì che il farmaco si concentri solo nel fegato.
Lo studio di Fase I aveva lo scopo di testare la sicurezza, la farmacocinetica e l’efficacia di lepodisiran su un totale di 48 persone, divise in 6 gruppi trattati con diverse dosi del farmaco e in un gruppo di controllo trattato con un placebo. Dopo un singola somministrazione, i ricercatori hanno monitorato i pazienti per la comparsa di effetti collaterali e i livelli di Lp(a) nel sangue. I risultati pubblicati su JAMA mostrano che non solo lepodisiran è ben tollerato dai pazienti, ma è anche particolarmente efficace: alle due dosi più alte la riduzione di Lp(a) è maggiore del 94% e soprattutto si mantiene nel tempo. In particolare, la dose più alta (608 mg) riduce la Lp(a) al di sotto del livello quantificabile mediante il saggio standard fino a 281 giorni dalla somministrazione.
I RISULTATI A LUNGO TERMINE
Una riduzione così significativa e a lungo termine dei livelli di Lp(a) non era mai stata osservata fino ad ora con altre terapie ad acidi nucleici. Altri farmaci a base di siRNA sono in varie fasi di sperimentazione, ma tutti prevedono somministrazioni ravvicinate nel tempo. Pelacarsen e olparisan, che sono già arrivati alla Fase III dei trial, vengono somministrati rispettivamente ogni 12 settimane e una volta al mese. Lepodisiran, invece, potrebbe essere somministrato anche solo una o due volte l’anno - come un vaccino - per eliminare completamente la Lp(a) dal circolo sanguigno.
È in corso uno studio di Fase II per confermare i dati di sicurezza ed efficacia su un numero maggiore di pazienti, selezionati con criteri ancora più stringenti. I risultati sono previsti per il 2024, se positivi aprirebbero la strada a uno studio di Fase III, che si aggiungerebbe a quelli già in corso per altri farmaci a base di siRNA.
Al momento non esistono ancora terapie approvate per la riduzione dei livelli di Lp(a), ma il crescente interesse a questa corsa per ottenere il miglior farmaco con la massima efficacia, da assumere a intervalli sempre più lunghi e con scarsi effetti collaterali rispetto alle statine, rappresenta un passo significativo verso il miglioramento delle opzioni di cura disponibili e dell’aderenza terapeutica.