I risultati dello studio di Fase II KARDIA-1 mostrano che una singola dose del farmaco zilebesiran è in grado di abbassare i valori di pressione sanguigna per almeno 6 mesi
Una pastiglia (o più) al giorno toglie davvero l’ipertensione di torno? La terapia giornaliera con antipertensivi è il rimedio più diffuso contro la pressione alta, ma è anche quello con il più basso tasso di aderenza al trattamento. A un anno dalla prima prescrizione la metà dei pazienti ha già interrotto la terapia, ma si sta avvicinando il momento di un’inversione di rotta grazie a nuove strategie che potrebbero coprire ben più delle canoniche 24 ore. Lo studio di Fase II KARDIA-1 ha confermato l’efficacia di ALN-AGT01 (zilebesiran), una terapia a base di RNA interference, su un campione di oltre 300 pazienti. Nello studio, pubblicato di recente su JAMA, è emerso che una singola dose del farmaco abbassa la pressione sanguigna in maniera prolungata fino a 6 mesi dopo l’iniezione, aprendo alla possibilità di somministrazioni trimestrali o semestrali.
LO STUDIO DI FASE I
Lo studio di Fase II è il proseguimento di uno studio di Fase I pubblicato a luglio dello scorso anno dall’azienda Alnylam, di cui avevamo parlato qui. I 107 partecipanti, soggetti con ipertensione da lieve a moderata, avevano ricevuto una singola iniezione sottocutanea di zilebesiran o di placebo, da una dose minima di 10 mg a una massima di 800 mg. Alle dosi più alte (maggiori di 200 mg), il farmaco aveva determinato una riduzione nei valori di pressione sanguigna (più di 10 mm Hg la sistolica e più di 5 mm Hg la diastolica) già dopo 8 settimane e fino a 6 mesi dopo il trattamento.
COME FUNZIONA IL FARMACO A RNA
Il farmaco è costituito da una piccola molecola di RNA interference (siRNA) che conduce alla degradazione dell’RNA messaggero (mRNA) dell’angiotensinogeno epatico, la proteina precursore dell’angiotensina, che contribuisce al controllo della pressione. Di conseguenza, la proteina non viene prodotta, come dimostra la riduzione del 90% dei valori sierici di angiotensinogeno nei pazienti che hanno assunto il farmaco.
La possibilità di silenziare in maniera specifica l’espressione delle proteine che causano malattie – con risultati spesso visibili già dopo una singola somministrazione – apre nuove strade nella gestione a lungo termine delle patologie croniche.
La strategia di RNA interference è in fase di studio anche contro gli altri fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, come l’ipercolesterolemia: nell’ottobre 2022 l’AIFA ha dato il via libera al farmaco inclisiran e all’inizio di quest’anno sono stati pubblicati i risultati di uno studio clinico su un nuovo farmaco, leposidiran, contro la lipoproteina(a).
LO STUDIO KARDIA-1
I risultati hanno aperto la strada a due studi di Fase II per testare zilebesiran su un numero maggiore di pazienti, come monoterapia (KARDIA -1) o in associazione con i trattamenti antipertensivi standard (KARDIA-2).
Su JAMA sono appena stati pubblicati i risultati dei primi 6 mesi di monitoraggio dello studio randomizzato KARDIA-1 su 377 persone con ipertensione da lieve e moderata, dopo sospensione del trattamento con i farmaci antipertensivi standard. Di queste, 302 hanno ricevuto il farmaco e 77 il placebo.
Rispetto al primo studio, i ricercatori hanno ristretto la finestra delle dosi, concentrandosi su quelle più alte, che avevano dato i risultati migliori: una singola iniezione di 150, 300 o 600 mg ogni 6 mesi o di 300 mg ogni 3 mesi.
I RISULTATI
Dopo i primi 3 mesi, i pazienti trattati con il farmaco mostravano un abbassamento della pressione, che è stato massimo (10 mmHg) nel gruppo da 300 mg. Nel gruppo trattato con il placebo, invece, la pressione è aumentata di 6.8 mmHg. Gli effetti collaterali tra coloro che hanno preso il farmaco sono stati lievi e per lo più localizzati al sito di iniezione e con una frequenza paragonabile al placebo.
La dose di 300 mg ha determinato inoltre una riduzione di più del 90% dell’angiotensinogeno prodotto nel fegato, che si è mantenuta fino a 6 mesi dopo l’iniezione: un risultato già osservato nello studio di Fase I, ma solo alla dose più elevata (800 mg). I risultati di KARDIA-1, invece, suggeriscono non solo che è possibile ottenere lo stesso effetto con una dose più bassa, ma anche che il nuovo farmaco potrebbe essere somministrato per via sottocutanea a cadenza trimestrale o addirittura semestrale. Lo studio KARDIA-2, tutt’ora in corso, valuterà la combinazione di zibesiran con altri farmaci antipertensivi, che potrebbe aumentare ancora di più la finestra di efficacia.
MIGLIORARE L’ADERENZA TERAPEUTICA
In Italia sono oltre 15 milioni i soggetti ipertesi, il 33% degli uomini e il 31% delle donne. Di questi, quasi la metà non sa di esserlo. L’ipertensione, ad eccezione dei casi particolarmente gravi, è infatti una condizione asintomatica, ma aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, che rappresentano la principale causa di morte nel nostro Paese.
Nonostante la disponibilità sul mercato di una grande varietà di farmaci antipertensivi, l’80% dei pazienti ipertesi in trattamento non raggiunge i valori di pressioni raccomandati dalle linee guida e la causa principale è tutt’ora la scarsa aderenza alla terapia medica. I soggetti sono restii ad accettare di essere affetti da una patologia cronica, che richiede un cambiamento del proprio stile di vita e l’assunzione di medicinali su base quotidiana e vita natural durante. L’aspetto psicologico riguarda soprattutto le persone più giovani e asintomatiche, dove il trattamento non comporta benefici immediati – può causare invece effetti collaterali tali da interferire con la vita privata o lavorativa.
Le terapie di nuova generazione promettono di fare meglio dei farmaci classici, con strategie di trattamento a lungo termine che modulano l’espressione dei geni adibiti al controllo della pressione e potrebbero liberare milioni di persone dalla schiavitù della “pillola” giornaliera. Il siRNA zilebesiran offre una promettente alternativa, ora proiettata verso uno studio di Fase III, dove la sua sicurezza ed efficacia saranno testata per un tempo più lungo e su un campione ancora più ampio, che comprenderà anche pazienti con ipertensione grave.