Il sistema TALEN è meno versatile della tecnica di editing genomico premiata con il Nobel ma è più efficiente quando il gene bersaglio è nascosto dentro a un DNA strettamente impacchettato
Da quando Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier hanno inventato la tecnica di editing genomico attualmente più in voga (quella basata sull’enzima Cas9), i sistemi messi a punto in precedenza sono entrati in un cono d’ombra. L’invenzione delle due scienziate ha avuto un impatto così straordinario da segnare uno spartiacque tra l’era a.C. (avanti CRISPR) e d.C. (dopo CRISPR). TALEN, sistema di editing dell’era a.C., continua però a conservare dei pregi, tanto da meritare un posto nella cassetta degli attrezzi biotech accanto alle strategie di nuova generazione. Lo conferma uno studio pubblicato a gennaio su Nature Communications: più strumenti abbiamo meglio è, perché la piattaforma ideale dipende dall’uso che se ne vuole fare.
Come funziona la versione standard di CRISPR lo abbiamo spiegato altre volte: la proteina taglia-DNA viene programmata per raggiungere il gene bersaglio grazie a una molecola guida di RNA. Il riconoscimento, quindi, è dato dall’appaiamento tra RNA e DNA. Come funziona, invece, TALEN? Il sistema di posizionamento è codificato nelle ripetizioni presenti nella catena proteica, perciò la corrispondenza è tra i mattoni costitutivi delle proteine (aminoacidi) e le lettere del DNA. Ne consegue che la proteina del sistema TALEN deve essere prodotta su misura per ogni esperimento, mentre per CRISPR resta la stessa e a cambiare è solo la componente più semplice ed economica da sintetizzare: l’RNA. TALEN ha anche un altro limite: è ingombrante. Ma la lunghezza del suo dominio di riconoscimento riduce il rischio di tagli fuori bersaglio, almeno rispetto alla versione base di CRISPR. Bisogna sempre tenere in considerazione, infatti, che recentemente sono state messe a punto piattaforme evolute di CRISPR come il “prime editing”, che potrebbero unire la versatilità di CRISPR e la precisione di TALEN.
Se però restiamo fermi al confronto tra Crispr-Cas9 e TALEN, il verdetto può essere riassunto così: la prima è migliore per semplicità e flessibilità, la seconda per precisione. E per quanto riguarda l’efficienza, chi vince? La risposta è dipende, e per capirlo può essere utile ricordare le rispettive origini. TALEN è una sorta di missile proteico (la sigla significa Transcription Activator-Like Effectors, ovvero effettori che agiscono come attivatori della trascrizione, e l’aggiunta della enne finale indica la presenza di un enzima nucleasi). Ma quel che conta di più è che questa piattaforma biotech si ispira a un sistema che alcuni batteri usano per “hackerare” i geni delle piante, determinando la comparsa di macchie su foglie e frutti. TALEN, dunque, nasce per riconoscere il DNA degli organismi superiori, in cui la doppia elica è avvolta come una pompa da giardino e impacchettata in un materiale chiamato cromatina. CRISPR invece si è evoluta come sistema di difesa dei batteri rispetto agli invasori virali, dunque in natura non taglia DNA vegetale né animale. Le lettere del codice genetico sono sempre le stesse lungo tutto l’albero della vita, ma i microbi sono privi di nucleo e hanno un’organizzazione del genoma più semplice. Perciò non è sorprendente che un enzima batterico, in certe condizioni, possa trovarsi un po’ spiazzato nell’ambiente alieno dei nuclei delle cellule eucariote. Si sapeva già che CRISPR vince il confronto quando il DNA è in conformazione aperta, sotto forma di eucromatina, nelle porzioni più attive del genoma. In effetti il primo studio che ne ha mostrato la superiorità nelle cellule staminali è stato un volano per la popolarità della tecnica.
Ora il recente lavoro pubblicato su Nature Communications dal team guidato da Huimin Zhao, della University of Illinois Urbana-Champaign, ha indagato con la microscopia a fluorescenza i diversi meccanismi con cui i due sistemi di editing trovano il loro bersaglio in porzioni del genoma con caratteristiche differenti: scorrendo o saltando, privilegiando il riconoscimento locale o globale. La conclusione è stata che TALEN è fino a cinque volte più efficiente di CRISPR quando il DNA è strettamente impacchettato in una struttura condensata chiamata eterocromatina, che caratterizza anche porzioni geniche rilevanti per malattie come la sindrome dell’X fragile, l’anemia falciforme e la beta talassemia. Per ottimizzare l’efficienza dell’editing, dunque, secondo Zhao, in futuro si potrebbe preferire TALEN per alcune applicazioni, oppure si potrebbe migliorare la capacità di accesso di CRISPR all’eterocromatina.
Anche dopo che è scoppiata la CRISPR-mania, TALEN ha sempre conservato una pattuglia di sostenitori, godendo di un iniziale vantaggio, perché questo sistema è arrivato dopo la costosa tecnologia delle “dita di zinco” ma prima di CRISPR. In agricoltura, ad esempio, CRISPR non ha ancora debuttato sul mercato, mentre il primo prodotto alimentare figlio di TALEN è già usato negli Stati Uniti (si tratta di una soia ad alto contenuto di acido oleico). Per quanto riguarda le sperimentazioni cliniche, invece, il database clinicaltrials.gov conta una manciata di studi che usano TALEN e molti di più che utilizzano CRISPR. Infine nella ricerca di base, quella mossa dalla curiosità, la semplicità di CRISPR è senz’altro una carta vincente. La morale della favola, in definitiva, coincide con il messaggio lanciato dall’ultimo numero del CRISPR Journal, dedicato alla cassetta degli attrezzi per l’editing: per manipolare sempre meglio target diversi in contesti genomici differenti, dobbiamo continuare ad ampliare la varietà degli strumenti e ad affilare quelli già disponibili.