È passato poco meno di un anno da quando il primo trattamento a base di CRISPR (Casgevy) è stato approvato negli Stati Uniti e, successivamente, in Europa. Il primo paziente trattato oltreoceano al di fuori di uno studio clinico è un afroamericano di 12 anni affetto da anemia falciforme. E anche l’Italia è pronta a partire con il primo paziente “non sperimentale” (Osservatorio Terapie Avanzate ne ha parlato qui). Ma chi si aspetta che le autorizzazioni per nuove terapie di editing genetico arriveranno a tamburo battente resterà deluso. Il Casgevy, infatti, rischia di svettare come una cattedrale nel deserto. Disponiamo di una piattaforma super-versatile che potrebbe correggere una miriade di difetti genetici, perché allora le cure sono destinate ad arrivare negli ospedali con il contagocce?
Nel celebre cartone animato Toy Story che Disney ha realizzato in collaborazione con Pixar, Buzz Lightyear, uno dei due protagonisti, è solito pronunciare la frase “verso l’infinito e oltre” prima di lanciarsi in ardimentose imprese ed esplorazioni. Parlando di terapie a base di cellule CAR-T, e parafrasando il coraggioso astronauta digitale, vien da chiedersi se anche queste terapie avanzate potranno spingersi oltre l’ambito oncologico, in cui sono state collaudate ed approvate, per contrastare condizioni ben più diffuse tra cui quelle autoimmuni o le malattie polmonari, come l’asma. In un articolo pubblicato sulla rivista Nature Immunology sembra che la risposta a questo interrogativo sia affermativa.
Veni, vidi, vici. In una buona parte delle situazioni la risposta delle terapie a base di cellule CAR-T potrebbe essere riassunta così, dal momento che l’azione di questi trattamenti ultra-specialistici è spesso in grado di contrastare con successo la diffusione delle cellule tumorali. Ma dopo un certo periodo di tempo le CAR-T perdono slancio, smettono di proliferare e si riducono in numero; è allora che un manipolo di cellule neoplastiche sfuggito alla loro azione può tornare all’attacco generando una recidiva. A quel punto cosa fare? Non sempre una nuova somministrazione di CAR-T è possibile (o consigliabile) perciò gli scienziati hanno capito di dover creare dei sistemi per mantenere in vita il più a lungo possibile le cellule infuse. Senza con ciò danneggiare l’organismo.
Lo studio intitolato "Enhancing Pediatric Access to Cell and Gene Therapies", pubblicato su Nature Medicine lo scorso luglio, si concentra su una sfida cruciale per la medicina moderna: migliorare l'accesso dei pazienti pediatrici che ne beneficerebbero alle terapie cellulari e geniche. Negli ultimi anni, queste terapie hanno rappresentato una svolta nella cura di alcune malattie gravi, molte delle quali senza alcuna speranza di trattamento e con aspettative di vita ridotte. Tuttavia, per i piccoli e giovani pazienti, l’accesso a queste terapie incontra più ostacoli di quelli che già normalmente affrontano le terapie avanzate per adulti, tra cui quelli economici, regolatori e di sviluppo.
a cura di Anna Meldolesi
Website by Digitest.net