A inizio ottobre sono stati pubblicati sul The New England Journal of Medicine (NJEM) gli esiti a lungo termine dei pazienti trattati con la terapia genica elivaldogene autotemcel (eli-cel, nome commerciale Skysona), evidenziando l’efficacia ma anche alcuni problemi di sicurezza. I dati pubblicati mostrano che 7 dei 67 bambini che hanno ricevuto la terapia genica sviluppata da bluebird bio per l’adrenoleucodistrofia cerebrale (CALD), nel contesto di studi clinici, hanno poi sviluppato tumori del sangue. Di questi sette casi, quattro sono stati sviluppati da giugno 2022, quando tre casi di cancro avevano già messo in allerta la Food and Drug Administration (FDA) statunitense, che ha poi approvato la terapia in seguito a ulteriori valutazioni. I ricercatori temono che nei prossimi anni altri pazienti potrebbero sviluppare il cancro e per questo li stanno monitorando con regolari prelievi di sangue.
A fine Ottocento, il chirurgo newyorkese William Coley osservò per primo la completa regressione di un osteosarcoma in seguito a un’infezione da streptococco. Come raccontato da OTA nel podcast “Reshape – Un viaggio nella medicina del futuro”, fu così che iniziò a iniettare nei pazienti oncologici una miscela batterica, dando origine alla prima forma di immunoterapia della storia. Sebbene all’epoca non fosse chiaro il loro meccanismo, oggi sappiamo che i batteri possono stimolare il sistema immunitario a combattere i tumori. Più di un secolo dopo la scoperta di Coley, è possibile creare versioni più precise e mirate di questi batteri “killer” come veri e propri proiettili di precisione, in grado di colpire specificamente le caratteristiche molecolari del tumore. È questo l’obiettivo raggiunto dai ricercatori della Columbia University che hanno realizzato un vaccino batterico personalizzato per combattere il cancro, descritto un paio di settimane fa su Nature.
I segmenti di DNA che contengono mutazioni nocive, come quelle che producono una interruzione nella traduzione dell’informazione genetica e portano alla produzione di proteine “tronche”, possono compromettere gravemente la produzione di proteine vitali per il funzionamento cellulare. Grazie all’utilizzo degli oligonucleotidi antisenso (ASO) è possibile interferire con questo meccanismo e correggerlo, offrendo una soluzione ad alcune malattie. Nello specifico, la terapia sperimentale STK-001 (di cui abbiamo già parlato qui) ha nel mirino la mutazione nel gene SCN1A che colpisce la maggior parte dei pazienti con la sindrome di Dravet. Una strategia terapeutica illustrata da Cormac Sheridan in un articolo su Nature Biotechnology.
L’immunoterapia è un filone di trattamento relativamente giovane, che negli scorsi anni ha raggiunto standard elevati di efficacia grazie all’entrata in commercio di anticorpi monoclonali specifici per alcuni tumori come quello alla mammella e al polmone. Attualmente l’esempio più noto dell’efficienza di questo approccio sono le terapie a base di cellule CAR-T ma altre componenti del sistema immunitario - come le cellule Natural Killer - possono essere brillantemente ingegnerizzate e sfruttate per combattere tumori anche molto diffusi, tra cui quello al colon-retto. Lo raccontano a Osservatorio Terapie Avanzate il professor Enzo Medico e il dottor Marco Cortese, dell’IRCCS - Istituto di Candiolo, Fondazione del Piemonte per l’Oncologia e Università degli Studi di Torino.
a cura di Anna Meldolesi
Website by Digitest.net