Le mucopolisaccaridosi (MPS) sono un gruppo di disturbi genetici ereditari legati all'accumulo di glicosaminoglicani nei lisosomi. Queste malattie sono caratterizzate da manifestazioni multisistemiche come anomalie scheletriche, cardiache e neurologiche. Attualmente, i trattamenti includono la terapia enzimatica sostitutiva e il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, che mostrano però limitazioni significative. La terapia genica emerge come una strategia promettente per superare questi ostacoli, consentendo l'espressione a lungo termine del gene terapeutico nei tessuti colpiti. Una review, firmata da due ricercatori italiani - Nicola Brunetti-Pierri e Alessandro Rossi - e pubblicata su The Journal of Inherited Metabolic Disease, esplora i recenti sviluppi nella terapia genica per le MPS, con particolare attenzione agli approcci ex vivo e in vivo e ai progressi clinici per i vari sottotipi.
La fine dell’anno solitamente è il tempo riservato ai bilanci, dalla valutazione degli obiettivi raggiunti, agli errori compiuti fino alle soluzioni per correggerli e, soprattutto, alla definizione di nuovi obiettivi per l’anno che verrà. Nel mondo delle terapie avanzate le fuoriclasse della stagione appena conclusa sono state le CAR-T, con cinque terapie disponibili in Italia su sei approvate in Europa e con indicazioni in continuo aumento. Attualmente autorizzate in onco-ematologia per patologie come leucemia, linfomi delle cellule B e mieloma multiplo, più volte resistenti ai trattamenti convenzionali e con forte tendenza alla recidiva, stanno dando importanti risultati sperimentali anche nell’ambito dei tumori solidi e delle malattie autoimmuni. A voler far un paragone un po’ visionario, le CAR-T potrebbero rappresentare per le terapie avanzate ciò che Jannik Sinner rappresenta per il tennis: efficienza, capacità di adattamento e costanza nel risultato. Con ancora ampi margini di crescita.
Una malattia genetica rara, con alcune forme gravemente invalidanti, per cui ad oggi non esiste ancora una cura risolutiva: l’epidermolisi bollosa (EB) è una condizione altamente impattante sulla salute e sulla qualità di vita delle persone che ne sono affette e delle loro famiglie. Le forme intermedie, ma soprattutto gravi, dell’epidermolisi bollosa distrofica recessiva, sono quelle con le conseguenze più devastanti per l’organismo e sono le protagoniste dello studio preclinico avviato all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (OPBG) - il cui Investigatore Principale è il professor Franco Locatelli, responsabile di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico del centro - con l’obiettivo di poter sviluppare una nuova terapia genica sperimentale. Osservatorio Terapie Avanzate ha intervistato la dottoressa May El Hachem, responsabile della dermatologia dell’Ospedale e co-responsabile del progetto.
Nonostante i tanti progressi fatti negli ultimi decenni nel campo dell’oncologia, riuscire a caratterizzare geneticamente i diversi tipi di tumore e combatterli rimane un’ardua sfida. Uno degli obiettivi degli oncologi è creare e studiare collezioni di cellule con varianti genetiche diverse: si analizzano le informazioni genetiche nelle cellule tumorali dei pazienti per individuare mutazioni specifiche che potrebbero guidare lo sviluppo di nuovi efficaci trattamenti o influenzarne la risposta. La metà di queste varianti è ben caratterizzata, mentre l'altra metà è rappresentata da mutazioni chiamate "varianti di significato incerto." Uno studio pubblicato a novembre su Nature Biotechnology utilizza per la prima volta due tecniche di editing genomico per analizzare decine di migliaia di varianti genetiche nel gene EGFR, identificando mutazioni rilevanti per l'insorgenza del cancro e la resistenza ai farmaci.
a cura di Anna Meldolesi
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