Non è esagerato affermare che la storia dei vaccini a mRNA coincida con la parabola personale di Katalin Karikó, la ricercatrice ungherese che l’anno scorso ha condiviso col collega Drew Weissman il Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina. Ma se è altrettanto vero che è stata la pandemia da COVID-19 a “sbloccare” i finanziamenti per questo filone di ricerca, occorre precisare che l’impiego delle tecnologie a RNA va oltre le malattie infettive, per lanciare la sfida al cancro. Lo dimostra una recente notizia proveniente dal Regno Unito dove è stato somministrato il primo vaccino a mRNA, prodotto dall’aziende BioNTech, a un paziente affetto da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), una delle più diffuse e pericolose forme di tumore.
La prima terapia basata su Crispr-Cas9 è stata approvata nel 2023, appena 11 anni dopo la scoperta del macchinario CRISPR come innovativo strumento di editing genomico, e molte altre sono già in sperimentazione. Eppure, una vasta porzione dei geni presenti nel corpo umano resta inaccessibile anche alle tecnologie più avanzate. Ad oggi non esiste un metodo efficace per modificare i genomi dei miliardi di batteri che abitano il nostro intestino, nonostante questi geni possano influenzare la salute, il sistema immunitario, il metabolismo dei farmaci e persino il comportamento. In uno studio pionieristico pubblicato su Nature, i ricercatori della biotech Eligo BioScience hanno modificato geneticamente i batteri direttamente nell'intestino dei topi, raggiungendo un'efficacia che supera il 90%.
Un ambizioso progetto: così si può definire lo studio coordinato da Dario Brunetti, biotecnologo e ricercatore del Dipartimento di Scienze cliniche e di comunità dell'Università Statale di Milano e principal investigator presso l'Istituto neurologico Carlo Besta, che vede come protagonista la sindrome di Leigh e la possibilità di testare alcuni farmaci già in uso per altre patologie (il cosiddetto drug repurpusing) nel periodo postnatale, ma anche quella - ancora più temeraria - di correggere il difetto genetico che causa la malattia agendo direttamente sul feto. Ne abbiamo parlato con il dott. Brunetti e con il prof. Nicola Persico, chirurgo fetale del Policlinico di Milano e docente di Ostetricia e ginecologia del Dipartimento di Scienze cliniche e di comunità UniMi, insieme hanno sviluppato il protocollo per la terapia genica sperimentale in utero per questa malattia mitocondriale.
Il 5 maggio 2023 rimarrà una giornata storica per la pandemia COVID-19: l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato conclusa l’emergenza sanitaria iniziata tre anni prima. Ma non è il momento di rilassarsi, ora più che mai è necessario puntare sulla preparazione contro le prossime pandemie che quasi certamente colpiranno l’essere umano. È con questo spirito che la biotech romana Takis, in collaborazione con altre due aziende italiane, ha inaugurato un laboratorio all’avanguardia - grande quanto un container e completamente isolato dal mondo esterno - progettato per testare in condizioni di massima sicurezza vaccini genetici e terapie di nuova generazione contro pericolosi patogeni attuali (come Sars-CoV-2, Dengue o Zika) e futuri. Il laboratorio è stato inaugurato lo scorso 7 ottobre nella sede del Tecnopolo di Castel Romano, nei pressi di Roma, in presenza di rappresentanti delle istituzioni.
a cura di Anna Meldolesi
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