La perdita delle cellule staminali limbari, che sono localizzate al margine della cornea, ha gravi conseguenze per la vista: perdita di chiarezza corneale, cicatrici corneali, infiammazione cronica e potenziale perdita della vista. Il deficit di cellule staminali limbari (LSCD) è una condizione rara caratterizzata dalla perdita o dalla carenza di cellule staminali nel limbus, vitali per il ripopolamento dell'epitelio corneale: quando queste cellule staminali vengono perse, l'epitelio corneale non è in grado di ripararsi e rinnovarsi. Uno studio pubblicato a novembre su The Lancet ha documentato i primi interventi di trapianto corneale realizzati utilizzando lembi di tessuto prodotti a partire da cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), aprendo così nuove prospettive per il trattamento di questa condizione.
Chi ha meno di 25 anni non ha mai vissuto un singolo giorno senza che ci fossero persone nello spazio. Dal 2 novembre 2000 la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) è stata sempre abitata da un equipaggio variabile tra i 2 e i 7 astronauti. Un vero laboratorio di ricerca sopra le nostre teste, in orbita costante intorno alla Terra, in cui gli scienziati possono condurre esperimenti in condizioni uniche di microgravità. A bordo della ISS, i ricercatori della Mayo Clinic, una organizzazione no-profit statunitense, hanno studiato il comportamento delle cellule staminali, confrontandole con le loro “gemelle” rimaste sulla Terra. Le cellule coltivate nello spazio crescono più velocemente e hanno qualità uniche, che potrebbero accelerare la scoperta di nuove terapie per curare malattie complesse. L’articolo pubblicato su NPJ Microgravity fa il punto sugli esperimenti condotti fino ad ora.
Una terapia genica in sperimentazione per una malattia rara può essere paragonata a una navetta spaziale che sulla carta è in grado di esplorare i lati più nascosti dell’universo: genera un forte entusiasmo iniziale e raccoglie consenso e partecipazione, ma bisogna accertarsi che nella pratica continui a funzionare bene per periodi prolungati di tempo al fine di garantire la sicurezza degli astronauti e raggiungere tutti gli obiettivi fissati. Per questa ragione, in uno studio clinico pubblicato sulla rivista Med-Cell Press gli scienziati dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem), coordinati dal professor Nicola Brunetti-Pierri, hanno valutato sia l’efficacia che la sicurezza di una terapia genica sperimentale per la mucopolisaccaridosi di tipo VI (MPS VI) a distanza di almeno 3 anni dalla somministrazione.
La tossicità dei regimi di condizionamento rappresenta una delle principali barriere alla diffusione della terapia genica. Tradizionalmente, per preparare il midollo osseo a ricevere cellule geneticamente corrette si utilizza la chemioterapia, come l’agente alchilante busulfan, che però può essere associata a gravi effetti collaterali. La recente morte di un paziente affetto da anemia falciforme, coinvolto nello studio clinico con BEAM-101 - una terapia genica ex vivo basata sul sistema CRISPR sviluppata da Beam Therapeutics - ha evidenziato i rischi di questi protocolli di pretrattamento. I ricercatori stanno sperimentando soluzioni che evitino chemio o radioterapia, come anticorpi monoclonali e tecnologie a mRNA, promettendo terapie più sicure per il futuro.
a cura di Anna Meldolesi
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